6B_135/2023 11.11.2024
Bundesgericht
Tribunal fédéral
Tribunale federale
Tribunal federal
6B_135/2023
Sentenza dell'11 novembre 2024
I Corte di diritto penale
Composizione
Giudici federali Muschietti, Giudice presidente,
van de Graaf, von Felten,
Cancelliera Ortolano Ribordy.
Partecipanti al procedimento
A.________,
patrocinato dall'avv. Raffaele Caronna,
ricorrente,
contro
1. Ministero pubblico del Cantone Ticino, Palazzo di giustizia, via Pretorio 16, 6901 Lugano,
2. B.________ SA,
patrocinato dall'avv. Edy Meli,
opponenti.
Oggetto
Ripetuta appropriazione indebita; arbitrio,
ricorso contro la sentenza emanata il 5 dicembre 2022 dalla Corte di appello e di revisione penale del
Cantone Ticino (17.2021.196+213 + 17.2021.218).
Fatti:
A.
Il 10 gennaio 2019 il Ministero pubblico del Cantone Ticino ha rinviato a giudizio A.________ con le accuse di ripetuta appropriazione indebita, subordinatamente/alternativamente di furto, nonché di ripetuta falsità in documenti. In breve a A.________ veniva imputato di essersi, tra giugno e settembre 2017, in qualità di contabile responsabile della biglietteria e del personale, agendo in danno di B.________ SA nell'ambito della vendita con pagamento a contanti degli abbonamenti per la stagione 2017/2018, appropriato del denaro ricevuto dagli abbonati, prelevandolo in 47 occasioni dalla cassa registratrice per complessivi fr. 53'408.--, celando tali prelievi con delle operazioni di storno. A.________ veniva inoltre accusato di avere, al fine di occultare tali malversazioni e di riuscire a far coincidere l'effettiva giacenza presente in cassa con quanto risultante dal rotolo nella cassa registratrice, formato 11 documenti contabili, attestando, contrariamente alla verità, l'importo presente in cassa, consegnando poi tali documenti ai servizi preposti per l'allestimento nonché l'inserimento in contabilità.
B.
Con sentenza del 20 maggio 2021, la Corte delle assise correzionali ha riconosciuto A.________ autore colpevole di ripetuta appropriazione indebita, ma lo ha prosciolto dall'accusa di ripetuta falsità in documenti. Lo ha condannato alla pena pecuniaria di 120 aliquote giornaliere di fr. 100.-- ciascuna, sospesa condizionalmente per un periodo di prova di due anni, nonché alla multa di fr. 1'000.--. La Corte delle assise correzionali ha rinviato l'accusatrice privata, B.________ SA, al foro civile per le pretese di tale natura.
C.
Il giudizio di primo grado è stato impugnato con appello di A.________ e appelli incidentali del Ministero pubblico e dell'accusatrice privata. Con sentenza del 5 dicembre 2022, la Corte di appello e di revisione penale (CARP) ha respinto l'appello di A.________ e l'appello incidentale del Ministero pubblico, confermando sia la condanna per titolo di ripetuta appropriazione indebita sia il proscioglimento dall'imputazione di ripetuta falsità in documenti. La CARP ha inflitto a A.________ le medesime pene irrogate in prima istanza. Accogliendo parzialmente l'appello incidentale dell'accusatrice privata, la CARP ha inoltre condannato A.________ a versare a B.________ SA l'importo di fr. 53'408.-- a titolo di risarcimento del danno nonché un'indennità giusta l'art. 433 CPP.
D.
A.________ insorge al Tribunale federale con un ricorso in materia penale. Protestate spese e ripetibili di ogni grado di giudizio, postula in via principale il suo proscioglimento da ogni accusa, subordinatamente l'annullamento delle sentenze prolate dalla CARP e dalla Corte delle assise correzionali e il rinvio dell'incarto all'autorità inquirente per completamento dell'inchiesta. In via ancor più subordinata chiede l'annullamento del giudizio della CARP, una riduzione delle pene inflittegli "secondo apprezzamento" di questo Tribunale, e il rinvio dell'accusatrice privata al foro civile per le sue pretese di tale natura.
Non è stato ordinato uno scambio di scritti, ma è stato richiamato l'incarto cantonale.
Diritto:
1.
Presentato dall'imputato (art. 81 cpv. 1 LTF) e diretto contro una decisione finale (art. 90 LTF), pronunciata in materia penale (art. 78 cpv. 1 LTF) da un'autorità cantonale di ultima istanza (art. 80 LTF), il ricorso in materia penale è proponibile e di massima ammissibile, in quanto tempestivo (combinati disposti art. 100 cpv. 1 e l'art. 46 cpv. 1 lett. c LTF) e inoltrato nelle forme richieste (art. 42 cpv. 1 LTF).
2.
2.1. Il Tribunale federale, autorità giudiziaria suprema della Confederazione (art. 1 cpv. 1 LTF), non è un'autorità d'appello dinanzi alla quale sarebbe possibile discutere liberamente la valutazione delle prove e l'accertamento dei fatti. È vincolato ai fatti ritenuti dall'autorità precedente (art. 105 cpv. 1 LTF), potendo scostarsene solo se il loro accertamento è stato svolto in modo manifestamente inesatto, ossia arbitrario, o in violazione del diritto (art. 105 cpv. 2 LTF; DTF 149 II 337 consid. 2.3). L'accertamento dei fatti della sentenza impugnata può essere censurato alle stesse condizioni; occorre inoltre che l'eliminazione dell'asserito vizio possa influire in maniera determinante sull'esito del procedimento (art. 97 cpv. 1 LTF). Se rimprovera all'autorità inferiore un accertamento dei fatti manifestamente inesatto, la parte ricorrente deve sollevare la censura e motivarla in modo preciso, come esige l'art. 106 cpv. 2 LTF (DTF 150 I 50 consid. 3.3.1). Non può dunque limitarsi a criticare la decisione impugnata opponendovi semplicemente la propria opinione, come in una procedura di appello, ma deve dimostrare che essa è manifestamente insostenibile con un'argomentazione chiara e dettagliata; critiche appellatorie e semplici rinvii agli atti cantonali sono inammissibili (DTF 148 IV 356 consid. 2.1).
2.2. Come si vedrà meglio nel prosieguo, il gravame in esame disattende in larga misura queste esigenze di motivazione. Si rileva nondimeno già a questo stadio che esso è d'acchito inammissibile, nella misura in cui l'insorgente rinvia alle arringhe difensive di primo e secondo grado. La motivazione del ricorso al Tribunale federale deve infatti essere contenuta nell'atto di ricorso medesimo (DTF 143 II 283 consid. 1.2.3; 141 V 509 consid. 2; 140 III 115 consid. 2). L'impugnativa risulta inammissibile anche laddove il ricorrente, ripercorrendo punto per punto la sentenza impugnata, prende posizione sugli stessi con commenti personali, ma senza motivare alcuna violazione del diritto. Lo stesso vale per quelle critiche sull'accertamento dei fatti, che l'insorgente medesimo definisce per finire irrilevanti per l'esito del procedimento. Di seguito saranno vagliate unicamente le censure sufficientemente individuabili, motivate e suscettibili di influire in modo determinante sull'esito del procedimento.
3.
Il ricorrente si duole della violazione dei suoi diritti della difesa, in particolare del principio della parità delle armi, per la reiezione delle sue istanze probatorie volte a ottenere segnatamente l'interrogatorio dibattimentale delle segretarie della società, l'accesso ai dati di cassa relativi alle stagioni precedenti o agli estratti conto delle relazioni sulle quali sarebbero confluiti in quel periodo i pagamenti per gli abbonamenti. Rileva che l'accusa avrebbe potuto beneficiare di "ben due perizie e di un rapporto", mentre "la povera difesa" avrebbe dovuto "limitarsi a far allestire un proprio rapporto".
3.1. Il principio della parità delle armi, elemento del diritto a un equo processo garantito dagli art. 3 cpv. 2 lett. c CPP, 29 cpv. 1 Cost. e 6 n. 1 CEDU, impone un giusto equilibrio tra le parti: a ognuna di esse dev'essere fornita l'opportunità di difendere le proprie ragioni in condizioni che non la collochino in una posizione di sostanziale svantaggio rispetto alla controparte (sentenza 6B_993/2022 del 18 marzo 2024 consid. 2.1 e rinvii).
Se è vero che, nella procedura preliminare, spetta al pubblico ministero accertare i fatti e raccogliere le prove (art. 308 cpv. 1, 311 cpv. 1 CPP), l'imputato ha diritto di parteciparvi (art. 147 CPP) e di presentare istanze probatorie (art. 318 cpv. 1 CPP). L'imputato può inoltre riproporre durante la procedura dibattimentale le istanze probatorie respinte dal pubblico ministero (art. 318 cpv. 2 ultimo periodo, 331 cpv. 2 e 3, nonché 339 cpv. 2 lett. d CPP). L'art. 139 cpv. 2 CPP precisa tuttavia che i fatti irrilevanti, manifesti, noti all'autorità penale oppure già comprovati sotto il profilo giuridico non sono oggetto di prova, codificando in tal modo la giurisprudenza dedotta dall'art. 29 cpv. 2 Cost. in materia di valutazione anticipata delle prove (sentenza 6B_147/2021 del 29 settembre 2021 consid. 1.6), ambito in cui la cognizione del Tribunale federale è limitata all'arbitrio (DTF 147 IV 534 consid. 2.5.1).
3.2. Non giova al ricorrente richiamarsi semplicemente alla parità delle armi per contestare con successo la mancata assunzione delle prove richieste, il loro rifiuto non comportando ipso facto una violazione dell'invocato principio. L'autorità penale può infatti procedere a una loro valutazione anticipata e rifiutare di assumerle, se è convinta che non potrebbero condurla a modificare la sua opinione (DTF 147 IV 534 consid. 2.5.1). L'insorgente non dimostra alcun arbitrio nella valutazione anticipata delle prove, non si confronta con le ragioni addotte dalla CARP per respingere la sua istanza probatoria, limitandosi a definirle "poco convincenti", rispettivamente strumentali e insufficienti, e a ribadire le argomentazioni addotte a sostegno della sua istanza. Il ricorrente peraltro non contesta di aver potuto partecipare all'assunzione di tutte le prove raccolte né di aver avuto accesso, per l'elaborazione del rapporto da lui commissionato, a tutti i dati disponibili su cui si fondano le perizie dell'accusa. In simili circostanze, non si scorge alcuna violazione del principio della parità delle armi o più in generale dei diritti della difesa.
4.
Quello nei confronti del ricorrente è un processo indiziario. La CARP ha dapprima escluso che il numero elevato di storni oggetto dell'accusa, registrati in un lasso temporale tutto sommato limitato, fossero riconducibili a meri errori eseguiti nell'ambito dell'attività contabile (v. infra consid. 5). Ha in seguito escluso anche che gli indebiti prelievi di cassa, celati appunto attraverso operazioni di storno, fossero l'opera di altre persone, eventualmente più vicine alla cassa, non sussistendo nemmeno un sospetto in tal senso (v. infra consid. 5). Secondo la Corte cantonale, un insieme di indizi convergono nell'identificare nell'insorgente l'autore delle malversazioni: le sue entrate non erano sufficienti per far fronte al suo tenore di vita e ai suoi oneri (v. infra consid. 7); il ricorrente era l'unico addetto alla cassa risultato sempre in sede quando sono avvenuti gli storni (v. infra consid. 6); ed egli ha anche inviato un messaggio di posta elettronica alle colleghe, in prossimità con l'inizio delle malversazioni, prospettando loro di gettare a breve le fatture relative alla compravendita di abbonamenti (v. infra consid. 8). Sulla base di questi indizi, la CARP ha concluso che è stato il ricorrente a commettere le malversazioni oggetto dell'atto di accusa.
4.1. Al riguardo il ricorrente si duole di arbitrio nella valutazione delle prove e nel conseguente accertamento dei fatti, nonché della violazione del principio in dubio pro reo. In proposito, è opportuno ricordare che, con riferimento alla valutazione delle prove e all'accertamento dei fatti, il giudice - che in questo ambito dispone di un ampio margine di apprezzamento - incorre nell'arbitrio se misconosce manifestamente il senso e la portata di un mezzo di prova, se omette senza valida ragione di tener conto di un elemento di prova importante, suscettibile di modificare l'esito della vertenza, oppure se ammette o nega un fatto ponendosi in aperto contrasto con gli atti di causa o interpretandoli in modo insostenibile (DTF 148 IV 356 consid. 2.1; 148 I 127 consid. 4.3). Quanto al principio in dubio pro reo, nella misura in cui è richiamato in relazione alla valutazione delle prove, esso non assume nell'ambito della procedura dinanzi al Tribunale federale una portata travalicante quella del divieto dell'arbitrio (DTF 145 IV 154 consid. 1.1; 144 IV 345 consid. 2.2.3.3 e rinvii).
4.2. Se, come in concreto, in merito ai fatti l'autorità precedente ha forgiato la sua convinzione sulla base di un insieme di elementi o d'indizi convergenti, non basta che l'uno o l'altro di questi o addirittura ciascuno di essi, preso isolatamente, risulti insufficiente. La valutazione delle prove dev'essere esaminata nel suo insieme. Non sussiste arbitrio se i fatti accertati possono essere dedotti in modo sostenibile dal collegamento dei diversi elementi o indizi. Analogamente non vi è arbitrio per il solo fatto che uno o più argomenti corroborativi appaiono fragili, nella misura in cui la soluzione ritenuta può essere giustificata in modo sostenibile con altri argomenti atti a portare a un convincimento (sentenza 6B_565/2015 del 10 febbraio 2016 consid. 1.1, non pubblicato in DTF 142 IV 49).
5.
In primo luogo il ricorrente rimprovera la CARP per aver escluso che gli storni oggetto dell'atto di accusa costituissero dei meri errori compiuti nell'ambito dell'attività contabile. Egli rileva infatti come nel segretariato regnasse il "caos" e le persone fossero sotto pressione, di modo che sarebbe avventato definire "un gran numero" una cinquantina di storni su un totale di oltre cinquemila operazioni di abbonamento. Lamenta poi un accertamento lacunoso e inesatto dei fatti in relazione alle persone presenti in ufficio e suscettibili di aver effettuato gli storni. Ritiene che l'inchiesta sia stata condotta a senso unico ed evidenzia come non sia possibile escludere che qualcun altro sia in realtà responsabile di tali operazioni e degli ammanchi. Non sarebbe infatti stato operato alcun atto istruttorio volto a determinare se vi fosse stato sempre qualcuno che sorvegliasse la cassa, ad esempio in caso di assenza temporanea delle persone addette alla stessa.
La censura è di natura meramente appellatoria. L'addotta confusione che sarebbe regnata in seno al segretariato non trova alcun riscontro nella sentenza impugnata né l'insorgente indica con precisione da quale atto dell'incarto la si dovrebbe dedurre. Non spetta infatti al Tribunale federale compulsare gli atti di causa alla ricerca di elementi a sostegno di una censura (DTF 133 IV 286 consid. 6.2). Lo stesso vale con riguardo al preteso numero globale di operazioni che il ricorrente avanza per relativizzare l'importanza degli storni. Non indica da dove risulterebbe questo dato, né pretende che sia riferibile al medesimo periodo degli storni in questione. Dalla sentenza impugnata emerge invero che proprio nel contesto degli usuali controlli delle registrazioni di cassa, effettuati in seno alla società, il numero di storni senza spiegazione è apparso importante. Al riguardo il ricorrente non pretende e a fortiori nemmeno dimostra che in realtà tale numero sarebbe analogo a quello riscontrabile in periodi precedenti a quello preso in considerazione. La CARP non ha inoltre riscontrato elementi che permettessero di ritenere che persone estranee al settore biglietteria in senso stretto accedessero alla cassa registratrice e ha escluso che i prelievi e gli storni potessero essere l'opera di una delle segretarie, tenuto conto che tali operazioni sono avvenute anche quando l'una o l'altra non erano al lavoro, così come ha scartato l'eventualità che le due colleghe abbiano agito sulla base di un piano comune. Malgrado additi un'inchiesta lacunosa ed evidenzi la mancata audizione dibattimentale delle due segretarie, il ricorrente non si prevale di alcuna violazione del diritto, in particolare dei combinati disposti art. 343 e 405 cpv. 1, rispettivamente dell'art. 389 o dell'art. 139 CPP, e nemmeno sostanzia arbitrio nella valutazione anticipata di tale prova che ha condotto l'autorità precedente a respingere l'istanza probatoria dell'insorgente. Non è peraltro contestato che le due segretarie siano state interrogate nel corso dell'istruttoria, né che il ricorrente abbia potuto partecipare, assistito da un legale, al loro interrogatorio. In assenza di una motivazione conforme alle esigenze legali, la censura non merita ulteriore disamina.
6.
La CARP ha accertato che l'insorgente è l'unica persona addetta alla cassa che è risultata sempre presente in ufficio quando sono stati registrati gli storni oggetto di questo procedimento. Sulla scorta della cronologia degli accessi a siti Internet del computer in uso al ricorrente nonché della lista degli accessi alla posta elettronica, essa ha accertato la sua presenza anche nei giorni e negli orari in cui egli ha preteso di essere assente.
L'insorgente si limita a muovere delle obiezioni al riguardo, ma non di-mostra alcun arbitrio ad opera della CARP. Così, ad esempio, quando sostiene che accertare un uso del suo computer dell'ufficio il 21 luglio 2017 alle ore 16.10 ancora non dimostrerebbe la sua presenza in loco prima o dopo tale orario, in particolare alle ore 15.44, 15.45 e 16.16 in cui sono stati registrati gli storni sospetti di quel giorno. Oppure, ancora, quando afferma che il frenetico invio di messaggi di posta elettronica il pomeriggio del 28 luglio 2017 testimonierebbe che il ricorrente lavorava dalla sua postazione e non in segretariato ove era ubicata la cassa. Stante l'insorgente, non sarebbe infatti sufficiente accertare la sua presenza in ufficio per ritenere che egli sarebbe stato regolarmente in prossimità della cassa. Analogo discorso con riferimento al 2 agosto 2017: benché in ufficio, egli sarebbe stato occupato a preparare la riunione prevista alle ore 10.00. Tali argomentazioni sono ben lungi dal sostanziare qualsiasi arbitrio. Del resto, lo stesso ricorrente ammette ad esempio che la preparazione della citata riunione avrebbe richiesto una "mezz'oretta" e che avrebbe avuto la possibilità di effettuare i tre storni di quella mattina registrati nell'arco di appena tre minuti. Peraltro, la CARP non ha stabilito che egli fosse regolarmente o costantemente a prossimità della cassa, ma solo che era al lavoro anche quando ha preteso non esservi, precisando nondimeno che l'ufficio dell'insorgente era adiacente agli spazi adibiti a sportello e in cui si trovava la cassa. Non vi sono pertanto ragioni di scostarsi dall'accertata presenza del ricorrente negli uffici della società ogniqualvolta è stato effettuato uno degli storni oggetto dell'accusa, non essendo dimostrata alcuna violazione del diritto (art. 105 cpv. 1 e 2 LTF).
7.
L'insorgente contesta poi che la sua situazione economica possa essere considerata quale movente degli atti imputatigli. Evidenzia di non aver avuto debiti, di aver disposto di una riserva finanziaria e di aver potuto contare su qualcuno che lo aiutasse in caso di bisogno.
7.1. La CARP non ha ignorato che il ricorrente disponeva di una riserva di denaro, proveniente dalla vendita di una casa. Ha tuttavia accertato, sulla scorta delle dichiarazioni dello stesso insorgente, che l'aveva ormai esaurita integralmente a metà 2017. Già a partire dal 2013 i saldi residui dei conti bancari a lui intestati erano assai contenuti, e numerose volte sono stati addirittura leggermente negativi. Nel mese di giugno 2017 il suo conto ha registrato due accrediti da parte della moglie, per complessivi fr. 7'000.--, senza i quali non avrebbe avuto sufficientemente denaro per coprire le uscite di quel mese. L'autorità precedente ha accertato dunque che lo stipendio del ricorrente non bastava a finanziare il suo tenore di vita. Nei sette anni precedenti i fatti qui in giudizio, egli ha vissuto attingendo continuamente a una riserva finanziaria per pagare le spese a cui non riusciva a far fronte con il solo salario. Lo stesso insorgente ha del resto ammesso di aver speso negli anni più di quanto ha guadagnato, riconoscendo di avere un tenore di vita elevato.
7.2. Anche le critiche ricorsuali al riguardo sono di natura appellatoria. L'insorgente non si confronta compiutamente con le considerazioni della CARP, ma argomenta liberamente, dimenticando che in relazione all'accertamento dei fatti la cognizione di questo Tribunale è limitata all'arbitrio. Egli adduce di non aver avuto debiti, ma la Corte cantonale non ha ritenuto il contrario. Sulla scorta delle sue stesse dichiarazioni e dell'oggettiva evoluzione delle sue finanze, ha semplicemente constatato che il suo tenore di vita era superiore a quanto poteva permettersi sulla base del suo solo stipendio e che ormai, in concomitanza con gli storni oggetto di questo procedimento, ovvero a metà del 2017, aveva prosciugato anche la scorta di denaro di cui disponeva. È quindi invano che egli produce in questa sede documentazione concernente i saldi relativi agli anni 2010-2014, oltre che in modo inammissibile, atteso che non sono manifestamente dati i presupposti di cui all'art. 99 LTF (v. al riguardo DTF 136 III 123 consid. 4.4.3). La sua situazione finanziaria di quegli anni non è determinante. I nuovi documenti forniti dimostrano per di più la bontà degli accertamenti della CARP, nella misura in cui attestano di un'importante contrazione dei suoi averi. Contrariamente a quanto pretende il ricorrente, non risulta irrilevante l'incessante prosciugamento della sua riserva finanziaria. La circostanza che, all'epoca dei fatti in giudizio, egli non avesse più riserve a cui attingere per finanziarie il suo tenore di vita, può infatti in modo più che sostenibile essere considerato un indizio in questo procedimento. Se è vero che egli ha potuto contare sul sostegno finanziario della moglie, come dimostrano gli accrediti accertati dalla stessa CARP, non è tuttavia contestato che essi erano solo dei prestiti destinati a essere rimborsati.
8.
La CARP ha accertato che il 2 giugno 2017 l'insorgente ha inviato un messaggio di posta elettronica alle due segretarie, promuovendo l'idea di non conservare più copia delle fatture ove l'abbonamento fosse stato pagato allo sportello, al fine di risparmiare carta e spazio. La prassi è però stata mantenuta, vista la reticenza di una delle segretarie. La Corte cantonale ha osservato che l'archiviazione delle fatture, allegandovi copia dello scontrino dell'avvenuto pagamento, consente un'ordinata registrazione del nome del titolare dell'abbonamento e dell'attestazione del suo pagamento. La prospettiva di "gettare tutto nella carta e liberare un po' di spazio", avanzata nella citata e-mail, avrebbe dunque reso più difficile risalire, sulla base del singolo pagamento di un abbonamento, al suo titolare e alla modalità di pagamento. La CARP ha interpretato questa e-mail come un artificio, proprio in prossimità dell'inizio delle malversazioni, destinato a complicare nel tempo la ricostruzione delle connessioni tra (a quel momento futuri) storni e i pagamenti degli abbonamenti e le modalità (con carta o a contanti) con cui tali abbonamenti sono stati pagati.
Su questo elemento il ricorrente non formula alcuna censura ammissibile. Con una motivazione alquanto sommaria si limita a definire errate le considerazioni della CARP perché l'incrocio di dati risultanti dagli estratti bancari, del conto postale e del sistema di incasso con carte di credito con i dati estrapolabili dal sistema Ticketcorner sugli abbonamenti e i relativi titolari avrebbe permesso di ottenere tutte le informazioni sulla persona titolare dell'abbonamento e sulle modalità del suo pagamento. Sennonché la CARP non lo ha escluso, ma ha considerato che una mancata archiviazione della fattura con l'esemplare del giustificativo di pagamento avrebbe reso più difficile risalire, sulla base del singolo pagamento di un abbonamento, al titolare che lo ha effettuato e alla modalità con cui ha pagato. Peraltro l'insorgente non spiega come, in assenza di una copia dello scontrino, fosse possibile risalire al titolare che avesse eventualmente saldato il proprio abbonamento in contanti. Si osserva infatti che il presente procedimento concerne indebiti prelievi dalla cassa.
9.
La CARP ha in seguito passato in rassegna tutti gli storni oggetto di accusa e ha concluso che non avevano alcuna giustificazione. Ha rilevato che l'insorgente ha riconosciuto di essere all'origine di alcuni di essi e di averne informato il direttore amministrativo. Sennonché quest'ultimo non lo ha confermato. E neppure le segretarie hanno confermato di essere state interpellate dal ricorrente su un'eventuale loro dimenticanza di procedere a un'operazione di storno, a cui egli avrebbe in seguito ovviato. Per gli altri storni, la Corte cantonale ha comunque accertato la presenza del ricorrente in ufficio, constatando inoltre come a ridosso di alcune operazioni di storno vi è stata anche una chiusura di cassa X, rispettivamente Z, chiusure di cassa di cui si occupava solo il ricorrente quantomeno da giugno 2017.
9.1. L'insorgente contesta tali accertamenti che considera arbitrari. In particolare rileva che il direttore amministrativo non avrebbe escluso di essere stato da lui informato in merito alla problematica degli storni, lasciando quindi "aperta la possibilità che sia avvenuto". Ciò sarebbe sufficiente "per creare un serio dubbio". In relazione poi alla sua presenza in ufficio, stabilita sulla scorta dei suoi collegamenti a Internet o alla posta elettronica, il ricorrente sostiene che ciò deporrebbe in suo favore, dal momento che non avrebbe potuto trovarsi contemporaneamente nel suo ufficio a svolgere le sue mansioni e dinanzi alla cassa a effettuare delle registrazioni. Errerebbe inoltre la CARP quando riconduce la paternità degli storni al ricorrente in base alle chiusure di cassa, confondendo l'autorità cantonale le chiusure serali e le chiusure X e Z, che anche gli altri collaboratori avrebbero ammesso di effettuare. L'insorgente sostiene infine che esigere per ogni operazione di storno "una giustificazione o una tesi plausibile per dimostrare" la sua innocenza equivarrebbe a invertire l'onere della prova. Sarebbe spettato infatti alla pubblica accusa provare la sua colpevolezza, senza limitarsi a dimostrare la presenza del ricorrente in ufficio o "a frugare nella sua vita privata".
9.2. Le critiche ricorsuali non hanno pregio.
Se è vero che il direttore amministrativo non ha potuto escludere che l'insorgente gli potesse aver riferito di ammanchi di cassa, circostanza di cui ha affermato non avere ricordi, egli ha altresì dichiarato che se ciò fosse accaduto in più occasioni, se lo ricorderebbe. Sicché la CARP poteva in modo sostenibile ritenere che egli non ha confermato di essere stato informato degli storni da parte del ricorrente, come da questi preteso. Né si può considerare che le sue dichiarazioni facciano sorgere "un serio dubbio" in merito, posto come il direttore amministrativo abbia precisato che, se gli ammanchi e i relativi storni si fossero ripetuti, come avvenuto in concreto, se lo sarebbe ricordato.
Le ulteriori censure risultano in larga parte appellatorie. Così è laddove l'insorgente disquisisce sulle diverse tipologie di chiusure di cassa, argomentando liberamente e senza menzionare su quali prove o elementi oggettivi egli fondi il suo ragionamento. In proposito, richiamando le dichiarazioni di C.________, la CARP ha accertato che solo il ricorrente poteva procedere alle chiusure di cassa. Il teste in questione non ha tuttavia fatto distinzioni di sorta in merito alle diverse chiusure. Inoltre, in base a quanto riferito da una delle segretarie, citate nella sentenza impugnata, risulta pure che nel corso del 2017 era l'insorgente l'unico addetto alla cassa registratrice. Altrettanto appellatoria appare poi l'obiezione sull'impossibilità di trovarsi contemporaneamente dinanzi al suo computer e alla cassa registratrice. Nulla del genere è stato infatti ritenuto dalla CARP, che si è limitata unicamente a constatare che, in stretta prossimità oraria con gli storni, il ricorrente si trovava in ufficio, come risulta dai suoi collegamenti alla posta elettronica e a Internet dalla sua postazione fissa. L'insorgente non sostiene né dimostra che tali collegamenti fossero simultanei agli storni registrati, di modo che sarebbe impensabile che egli possa essere all'origine di questi ultimi. Si rileva inoltre che, in base a quanto accertato nella sentenza impugnata, l'ufficio del ricorrente era attiguo al locale adibito a sportello in cui si trovava la cassa registratrice, sicché un'eventuale differenza di pochi minuti tra un collegamento e la registrazione di uno storno non è atta a escludere che sia stato l'insorgente a compierla, perché altrove.
A torto infine il ricorrente lamenta un'inversione dell'onere della prova, richiamandosi implicitamente alla presunzione d'innocenza quale regola di ripartizione dell'onere della prova (v. in proposito DTF 148 IV 409 consid. 2.2; 145 IV 154 consid. 1.1). Non è infatti stato imposto all'insorgente di provare la sua innocenza. La CARP ha semplicemente accertato, esaminando la vendita di abbonamenti, la loro validità e le registrazioni del rotolo di cassa, che gli storni oggetto dell'atto d'accusa non avevano alcuna giustificazione contabile, neppure quelli che lo stesso ricorrente ha ammesso di aver effettuato fidandosi delle indicazioni pretesamente chieste e ottenute dalle segretarie, ciò che queste ultime hanno negato. Né si può ravvedere una violazione della presunzione d'innocenza nella natura indiziaria di questo procedimento.
10.
Da quanto precede risulta che la CARP non ha commesso alcun arbitrio nella valutazione delle prove o nell'accertamento dei fatti. Non ha violato il diritto nemmeno individuando nel ricorrente l'autore degli storni e delle connesse malversazioni. Essa si è infatti fondata su una serie di indizi (v. supra consid. 6-8) che convergono effettivamente in tal senso. Malgrado considerati isolatamente gli indizi siano insufficienti per fondare tale conclusione, valutati nella loro globalità permettono senza arbitrio, e quindi senza violare il principio in dubio pro reo, di ricondurre gli atti in giudizio all'insorgente.
Per quel che concerne la qualificazione giuridica della fattispecie, il ricorrente non solleva alcuna censura, in particolare non lamenta né motiva alcuna violazione dell'art. 138 CP.
11.
Con riferimento alle pene inflittegli, l'insorgente ne postula una massiccia riduzione. Ritiene che la pena pecuniaria e la multa pronunciate siano "del tutto sproporzionate" tenuto conto sia del suo proscioglimento dall'accusa di ripetuta falsità in documenti sia della particolarità della fattispecie, "in particolare delle condizioni di lavoro", nonché della sua "situazione di indigenza".
Con tale argomentazione il ricorrente non spiega perché la commisurazione della sua pena violerebbe il diritto (art. 42 cpv. 2 LTF), chiedendo semplicemente di ridurne l'entità. Si impone quindi di rammentare che, nell'ambito della commisurazione della pena, il giudice dispone di un ampio potere di apprezzamento. Il Tribunale federale interviene solo quando il giudice cantonale cade nell'eccesso o nell'abuso del potere di apprezzamento, ossia laddove la pena esca dal quadro edittale, sia valutata in base a elementi estranei all'art. 47 CP, oppure appaia eccessivamente severa o clemente (DTF 144 IV 313 consid. 1.2 e rinvii).
Nella fattispecie non è contestato che la pena sia stata commisurata alla ritenuta colpa del ricorrente, definita complessivamente di media gravità, valutando tutti gli elementi pertinenti afferenti le circostanze oggettive e soggettive del reato e le circostanze personali legate all'autore, conformemente a quanto disposto dall'art. 47 CP. Non si scorge perché il proscioglimento dell'insorgente dall'accusa di ripetuta falsità in documenti dovrebbe condurre a una riduzione della pena, nella misura in cui la sua colpa è stata determinata unicamente in base alla condanna per ripetuta appropriazione indebita. Neppure si comprendono le ragioni per cui la CARP avrebbe dovuto tenere conto di non meglio specificate "condizioni di lavoro", ciò che il ricorrente si astiene dallo spiegare. La pena irrogata si situa peraltro nell'ampio quadro edittale (art. 138 n. 1 cpv. 3 unitamente all'art. 34 CP) e l'importo dell'aliquota giornaliera è stato fissato tenendo conto dell'attuale situazione personale ed economica dell'insorgente. Non è minimamente stata accertata una sua "situazione di indigenza", né è dimostrata nell'impugnativa. Infine, egli nemmeno pretende che non siano date in concreto le condizioni poste dall'art. 42 cpv. 4 CP per pronunciare, oltre alla pena pecuniaria condizionalmente sospesa, una multa. In sostanza l'insorgente non dimostra che i giudici cantonali abbiano commisurato la pena eccedendo o abusando del loro potere d'apprezzamento. La sua censura deve pertanto essere respinta nella misura della sua ammissibilità.
12.
Il ricorrente contesta infine l'accoglimento delle pretese civili formulate da B.________ SA. Evidenzia che egli sarebbe stato dipendente di D.________ Sagl e avrebbe agito quale ausiliario di quest'ultima società. Ritiene che sarebbe semmai quest'ultima ad aver creato un danno a B.________ SA e pertanto a doverla risarcire in sede civile. Sicché, per l'insorgente, sarebbe D.________ Sagl a dover rivestire la veste di accusatrice privata. A mente del ricorrente, sarebbe poi "plausibile" che la cassa fosse di pertinenza di D.________ Sagl, tenuta a una fedele e puntuale gestione degli incassi degli abbonamenti e dei biglietti, da riversare a B.________ SA. Ma quand'anche si volesse considerare quest'ultima danneggiata dall'agire dell'insorgente, essa non avrebbe presentato un esaustivo rendiconto suscettibile di dimostrare una reale discrepanza tra gli abbonamenti venduti e gli incassi.
La censura non convince. Secondo gli accertamenti cantonali, le malversazioni per le quali l'insorgente è stato riconosciuto autore colpevole di appropriazione indebita sono connesse agli storni registrati a seguito della vendita a contanti degli abbonamenti. Non è in concreto contestato che gli abbonamenti fossero venduti a nome di B.________ SA e che quindi il relativo incasso fosse di sua pertinenza. Del resto, la CARP ha accertato che il denaro della cassa era di "proprietà di B.________ SA" ed era stato affidato al ricorrente. Trattasi di accertamenti che non possono essere contestati in questa sede con motivi di "plausibilità" (art. 97 cpv. 1 LTF; v. supra consid. 2.1).
Quanto al risarcimento pronunciato, esso risulta corrispondere alla somma degli importi oggetto degli storni connessi alla vendita di abbonamenti a contanti, di cui agli accertamenti della CARP, sfuggiti alle censure di arbitrio. Il danno risulta pertanto comprovato.
13.
Ne segue che, nella misura della sua ammissibilità, il ricorso si rivela infondato e va pertanto respinto.
Le spese giudiziarie seguono la soccombenza e sono dunque poste a carico dell'insorgente (art. 66 cpv. 1 LTF).
In assenza di uno scambio di scritti, non v'è motivo di accordare ripetibili agli opponenti (art. 68 LTF).
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:
1.
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto.
2.
Le spese giudiziarie di fr. 3'000.-- sono poste a carico del ricorrente.
3.
Comunicazione ai patrocinatori delle parti, al Ministero pubblico e alla Corte di appello e di revisione penale del Cantone Ticino.
Losanna, 11 novembre 2024
In nome della I Corte di diritto penale
del Tribunale federale svizzero
Il Giudice presidente: Muschietti
La Cancelliera: Ortolano Ribordy