6B_184/2024 20.02.2025
Bundesgericht
Tribunal fédéral
Tribunale federale
Tribunal federal
6B_184/2024
Sentenza del 20 febbraio 2025
I Corte di diritto penale
Composizione
Giudici federali Jacquemoud-Rossari, Presidente,
Muschietti, von Felten, Wohlhauser, Guidon,
Cancelliere Gadoni.
Partecipanti al procedimento
A.________,
patrocinata dall'avv. Daniele Iuliucci,
ricorrente,
contro
Ministero pubblico della Confederazione, Guisanplatz 1, 3003 Berna,
opponente.
Oggetto
Violazione della legge federale che vieta i gruppi "Al-Qaïda" e "Stato islamico" nonché le organizzazioni associate; commisurazione della pena,
ricorso in materia penale contro la sentenza emanata il 21 agosto 2023 della Corte d'appello del Tribunale penale federale (incarto n. CA.2022.27).
Fatti:
A.
Il 24 novembre 2020 A.________, nata nel 1992, si è recata presso il grande magazzino B.________ SA di Z.________. Salita al reparto casalinghi, si è impossessata di un coltello con una lama seghettata della lunghezza di 21 cm e, individuata a caso una donna tra le persone presenti, le si è avvicinata da tergo e l'ha colpita al collo cagionandole un taglio di almeno 10 cm alla gola e uno al mento. Dopo che la vittima giaceva a terra, A.________ le ha inferto ulteriori colpi dall'alto verso il basso, causandole altre ferite agli arti superiori. Compiendo l'aggressione, A.________ ha gridato "Allahu akbar". In seguito, si è diretta verso un'altra donna presente nel reparto, tentando di colpire anch'ella con il coltello. Non è tuttavia riuscita nel suo intento, giacché l'aggredita è riuscita a bloccarle il polso della mano in cui teneva il coltello, evitando così di essere colpita. Alcune persone presenti in loco sono in seguito riuscite a disarmare e ad immobilizzare A.________ fino all'arrivo della Polizia.
B.
In relazione a questi fatti, con sentenza del 19 settembre 2022, la Corte penale del Tribunale penale federale (TPF) ha riconosciuto A.________ autrice colpevole di ripetuto tentato assassinio. L'imputata è inoltre stata riconosciuta autrice colpevole di violazione dell'art. 2 della legge federale che vieta i gruppi "Al-Qaïda" e "Stato islamico" nonché le organizzazioni associate, del 12 dicembre 2014 (legge Al-Qaïda/Stato islamico [LAQ/SI]; RU 2014 4565), segnatamente per avere inviato tramite Facebook, tra il 7 ottobre 2020 e il 20 novembre 2020, messaggi e fotografie a sostegno dello Stato islamico. A.________, che è pure stata dichiarata colpevole di ripetuto esercizio illecito della prostituzione, tenuto conto di una scemata imputabilità di grado medio, è stata condannata alla pena detentiva di 9 anni, da dedursi la carcerazione preventiva sofferta e la pena espiata anticipatamente, nonché alla multa di fr. 2'000.--. Nei suoi confronti è stato ordinato un trattamento stazionario ai sensi dell'art. 59 cpv. 3 CP e l'esecuzione della pena è stata sospesa per dar luogo allo stesso.
C.
Contro il giudizio di primo grado, il Ministero pubblico della Confederazione (MPC) ha adito la Corte di appello del TPF. Dal canto suo, l'imputata ha presentato un appello incidentale. Entrambe le parti hanno essenzialmente impugnato il dispositivo concernente la condanna per violazione della legge Al-Qaïda/Stato islamico e quello relativo alla commisurazione della pena. Il MPC ha chiesto che la condanna per il reato di violazione dell'art. 2 LAQ/SI comprendesse anche i fatti del 24 novembre 2020, mentre l'imputata ha chiesto il proscioglimento da tale imputazione. Con sentenza del 21 agosto 2023, la Corte d'appello del TPF, accertato il passaggio in giudicato dei dispositivi del giudizio di primo grado non impugnati, ha riconosciuto l'imputata autrice colpevole di violazione dell'art. 2 LAQ/SI in relazione ai fatti del 24 novembre 2020 e l'ha condannata alla pena detentiva di 10 anni e 6 mesi, da dedursi la carcerazione preventiva sofferta e la pena espiata anticipatamente, nonché alla multa di fr. 2'000.--. Diversamente dal tribunale di primo grado, la Corte d'appello del TPF ha ammesso l'esistenza di un concorso ideale tra il reato di ripetuto tentato assassinio e quello di violazione dell'art. 2 LAQ/SI.
D.
A.________ impugna questa sentenza con un ricorso in materia penale al Tribunale federale, chiedendo in via principale di riformarla nel senso di proscioglierla dall'imputazione di violazione dell'art. 2 LAQ/SI e di condannarla a una pena detentiva di 7 anni e 11 mesi e alla multa di fr. 2'000.--. Chiede inoltre di accertare la violazione degli art. 3 CEDU e 8 cpv. 2 Cost. con riferimento alle sue condizioni di detenzione nel periodo dal 24 maggio 2021 al 2 ottobre 2023, tenendo conto di detto accertamento dell'ambito della commisurazione della pena. Chiede pure la riduzione della quota delle spese procedurali poste a suo carico. In via subordinata, la ricorrente chiede di essere prosciolta dall'imputazione di violazione dell'art. 2 LAQ/SI e di annullare per il resto la sentenza impugnata, rinviando gli atti alla precedente istanza perché si pronunci sulle condizioni detentive sotto il profilo degli art. 3 CEDU e 8 cpv. 2 Cost. e statuisca nuovamente sulla commisurazione della pena. La ricorrente postula inoltre di essere ammessa al beneficio dell'assistenza giudiziaria e del gratuito patrocinio per la procedura dinanzi al Tribunale federale. Fa valere la violazione del diritto federale e dell'art. 3 CEDU.
La Corte d'appello del TPF chiede di respingere il ricorso nella misura della sua ammissibilità. Il MPC chiede di respingere il gravame e di confermare la sentenza impugnata.
Diritto:
1.
Presentato dall'imputata, che ha partecipato alla procedura dinanzi alla precedente istanza, le cui conclusioni sono state disattese (art. 81 cpv. 1 lett. a e b n. 1 LTF), e diretto contro una decisione finale (art. 90 LTF), resa in materia penale (art. 78 cpv. 1 LTF) dalla Corte d'appello del TPF (art. 80 cpv. 1 LTF), il ricorso in materia penale, tempestivo (art. 100 cpv. 1 LTF), è di massima ammissibile.
2.
2.1. La ricorrente chiede di essere prosciolta dall'imputazione di violazione dell'art. 2 LAQ/SI per i fatti del 24 novembre 2020. Contesta l'esistenza di un concorso ideale tra quest'ultimo reato e quello di tentato assassinio (art. 112 CP). Sostiene che i motivi che l'hanno spinta ad agire, segnatamente le sue convinzioni religiose e il suo sostegno all'ideologia dello Stato islamico, sarebbero già compresi nel movente particolarmente odioso che caratterizza il reato di (tentato) assassinio. La ricorrente rileva che il reato di violazione dell'art. 2 LAQ/SI è meno grave di quello di assassinio e avrebbe carattere soltanto sussidiario, come sarebbe il caso per il sostegno ad un'organizzazione criminale e terroristica (cfr. art. 260ter CP). Ritiene che, in concreto, occorrerebbe riconoscere un concorso improprio tra i suddetti reati e pronunciare quindi un giudizio di colpevolezza soltanto per il reato di tentato assassinio. Secondo la ricorrente, la decisione della Corte d'appello del TPF di ammettere un concorso ideale equivarrebbe, in un caso di assassinio per estremismo religioso, ad aggravare ulteriormente la posizione dell'imputato, già aggravata dalla condanna per il reato di assassinio quale omicidio intenzionale qualificato.
2.2.
2.2.1. Secondo l'art. 49 cpv. 1 CP, quando per uno o più reati risultano adempiute le condizioni per l'inflizione di più pene dello stesso genere, il giudice condanna l'autore alla pena prevista per il reato più grave aumentandola in misura adeguata. È dato un concorso ideale quando, mediante un unico atto o un insieme di atti formanti un tutt'uno, l'autore viola diverse disposizioni penali differenti, delle quali nessuna considera l'atto incriminato sotto ogni suo aspetto. Per determinare se si realizza un concorso ideale tra due reati oppure se, al contrario, uno dei due assorbe l'altro, occorre determinare se i beni giuridici protetti da ognuno di essi si sovrappongono. Se non si sovrappongono interamente, nessuno dei due reati considera il comportamento dell'autore in ogni suo aspetto, di modo che devono essere ritenuti entrambi (DTF 133 IV 297 consid. 4.1 e 4.2; sentenza 6B_193/2021 del 30 settembre 2021 consid. 3.1.2).
2.2.2. La legge Al-Qaïda/Stato islamico, del 12 dicembre 2014, è entrata in vigore il 1° gennaio 2015. L'art. 2 cpv. 1 LAQ/SI punisce con una pena detentiva sino a cinque anni o con una pena pecuniaria chiunque partecipa sul territorio svizzero a uno dei gruppi o a una delle organizzazioni vietati secondo l'art. 1 LAQ/SI, mette a disposizione risorse umane o materiale, organizza azioni propagandistiche a loro sostegno o a sostegno dei loro obiettivi, recluta adepti o promuove in altro modo le loro attività. Sono vietati giusta l'art. 1 LAQ/SI il gruppo «Al-Qaïda» (lett. a); il gruppo «Stato islamico» (lett. b) come anche i gruppi che succedono al gruppo «Al-Qaïda» o al gruppo «Stato islamico» o che operano sotto un nome di copertura nonché le organizzazioni e i gruppi che, per quanto riguarda condotta, obiettivi e mezzi, corrispondono al gruppo «Al-Qaïda» o al gruppo «Stato islamico» o operano su loro mandato (lett. c).
La LAQ/SI è stata abrogata con effetto al 1° dicembre 2022 (RU 2022 602). Il reato previsto dall'abrogato art. 2 LAQ/SI è ora punito dall'art. 74 cpv. 4 della legge federale del 25 settembre 2015 sulle attività informative (LAIn; RS 121), il cui tenore è identico con riferimento agli elementi costitutivi e alle pene comminate (cfr. DTF 150 IV 10 consid. 5.1, 65 consid. 5.2.1; 148 IV 298 consid. 6.4.2), mentre i gruppi e le organizzazioni vietati sono designati dalla decisione generale del 19 ottobre 2022 concernente il divieto dei gruppi «Al-Qaïda» e «Stato islamico» nonché delle organizzazioni associate (FF 2022 2548) e corrispondono a quelli elencati all'art. 1 LAQ/SI a cui si aggiungono i gruppi che "propagano, sostengono o favoriscono in altro modo attività terroristiche o di estremismo violento facendo riferimento ad «Al-Qaïda» o allo «Stato islamico»". I fatti rimproverati alla ricorrente sono stati commessi sotto l'egida della LAQ/SI, e sono stati giudicati sulla base di tale normativa dalle precedenti istanze. Il nuovo diritto non è più favorevole per la ricorrente (cfr. art. 2 cpv. 2 CP), sicché la LAQ/SI è in concreto applicabile (cfr. DTF 150 IV 65 consid. 5.2.1 e rinvii).
L'art. 2 LAQ/SI sanziona tutte le attività, in Svizzera e all'estero, delle organizzazioni e dei gruppi vietati, nonché tutti gli atti che mirano a sostenerli materialmente o con risorse di personale. La norma si prefigge di tutelare la sicurezza pubblica prima ancora che siano commessi dei reati. La minaccia rappresentata dallo «Stato islamico» si manifesta in una propaganda aggressiva. Esiste il rischio che tale propaganda induca persone residenti in Svizzera a perpetrare attentati o ad aderire ad altre organizzazioni terroristiche. La disposizione penale opera uno spostamento a monte della punibilità, nella misura in cui punisce già il sostegno alle organizzazioni terroristiche vietate e la loro promozione (DTF 150 IV 10 consid. 5.2.1; 148 IV 298 consid. 7.2; 398 consid. 4.8.3.2).
La fattispecie del sostegno a un'organizzazione o a un gruppo vietato ai sensi dell'art. 2 cpv. 1 LAQ/SI comprende tutti gli atti che mirano a sostenere personalmente o materialmente organizzazioni o gruppi vietati secondo l'art. 1 LAQ/SI (DTF 150 IV 65 consid. 5.2.2 e rinvii). L'art. 2 cpv. 1 LAQ/SI punisce inoltre chiunque promuove in altro modo le attività dei gruppi o delle organizzazioni vietati. Questa clausola generale è destinata a sanzionare tutti gli atti che "consentono di perpetuare e promuovere le attività delle organizzazioni terroristiche vietate" (Messaggio del 22 novembre 2017 sulla proroga della legge federale che vieta i gruppi «Al-Qaïda» e «Stato islamico» nonché le organizzazioni associate, FF 2018 71 pag. 82). La sua applicazione presuppone una certa attinenza dell'atto con le attività criminali dei gruppi o delle organizzazioni vietati (DTF 150 IV 10 consid. 5.2.3; 65 consid. 5.2.4).
Come si è detto, la disposizione penale dell'art. 2 LAQ/SI si prefigge quindi di tutelare la sicurezza pubblica dalla potenziale minaccia di attività terroristiche o di estremismo violento.
Il reato di assassinio (art. 112 CP), per il quale è stata parimenti condannata la ricorrente, punisce con la pena detentiva a vita o con una pena detentiva non inferiore a dieci anni chiunque uccide intenzionalmente una persona agendo con particolare mancanza di scrupoli, segnatamente con movente, scopo o modalità particolarmente perversi. Questa fattispecie protegge il bene giuridico della vita della persona (sentenza 6B_193/2021, citata, consid. 3.1.3).
I beni giuridici protetti dalle norme in esame non sono quindi interamente sovrapponibili.
2.3. La Corte d'appello del TPF ha accertato che, riguardo alle motivazioni dell'atto incriminato, la ricorrente ha fornito costantemente dichiarazioni concernenti lo Stato islamico e un'interpretazione radicale del Corano. Ella ha sempre dichiarato di avere agito con l'intento di uccidere più "miscredenti" possibili e di promuovere in questo modo lo Stato islamico. Ha deliberatamente compiuto il reato in pubblico e in modo che fosse ripreso dalle telecamere della videosorveglianza del grande magazzino allo scopo di pubblicizzare lo Stato islamico, manifestando la propria adesione a tale gruppo. Secondo gli accertamenti della precedente istanza, la ricorrente si identificava con gli obiettivi dello Stato islamico e con le modalità con cui gli stessi venivano perseguiti. La Corte d'appello del TPF ha accertato che la ricorrente si era avvicinata al fondamentalismo islamico ed aveva iniziato a cercare tramite internet contatti con persone radicalizzate, rilevando altresì che il movente jihadista dell'atto compiuto il 24 novembre 2020 risultava evidente da messaggi e da immagini inviate tramite Facebook. Ha altresì rilevato che tale atto era stato pianificato e commesso secondo le modalità terroristiche propagandate dallo Stato islamico: ella ha agito in un luogo aperto al pubblico, potenzialmente affollato, scegliendo le vittime a caso e tentando di ucciderle recidendo loro la gola ed inneggiando durante l'attacco allo Stato islamico.
La ricorrente non contesta gli accertamenti della Corte d'appello del TPF, in particolare non li censura d'arbitrio con una motivazione conforme alle esigenze dell'art. 106 cpv. 2 LTF, sicché essi sono vincolanti per il Tribunale federale (art. 105 cpv. 1 LTF). Risulta quindi dagli stessi che la ricorrente, tentando di assassinare nelle esposte modalità delle vittime scelte a caso, si è consapevolmente messa a disposizione di un gruppo vietato dalla LAQ/SI, sostenendolo e promuovendone l'attività. Attentando alla vita e all'integrità delle vittime, la ricorrente ha contestualmente commesso un attentato volto a promuovere ed a propagandare un'organizzazione vietata, minacciando la sicurezza pubblica.
A ragione, la Corte d'appello del TPF l'ha perciò condannata, oltre che per il tentativo di assassinio, per la violazione dell'art. 2 LAQ/SI. Ha quindi rettamente riconosciuto l'esistenza di un concorso ideale tra il reato di (tentato) assassinio e quello di cui all'art. 2 LAQ/SI.
Contrariamente all'opinione della ricorrente, il fatto che il riconoscimento di un concorso ideale tra i due reati comporti un aggravio sotto il profilo della pena non costituisce un elemento di per sé idoneo a concludere che una fattispecie sia assorbita dall'altra (cfr. DTF 133 IV 297 consid. 4.2). Ella accenna inoltre all'art. 260ter CP. Questa norma non è tuttavia stata applicata alla fattispecie e nemmeno la ricorrente sostiene che sarebbe in concreto applicabile. La questione di un eventuale concorso con tale reato non rientra pertanto nell'oggetto del litigio e non deve essere vagliata in questa sede.
Per il resto, la ricorrente non fa valere la violazione dell'art. 2 LAQ/SI, in particolare non sostiene che gli atti del 24 novembre 2020 non adempirebbero gli elementi costitutivi dell'infrazione.
3.
Diversamente dal tribunale di primo grado, la Corte d'appello del TPF non ha riconosciuto la ricorrente autrice colpevole di violazione dell'art. 2 LAQ/SI per avere scambiato tramite Facebook, nel periodo precedente il 24 novembre 2020, messaggi e fotografie a sostegno dello Stato islamico. La Corte d'appello del TPF non ha pertanto esaminato se tali comunicazioni costituissero "azioni propagandistiche" ai sensi della citata disposizione. Le censure sollevate al riguardo dalla ricorrente in questa sede esulano quindi dall'oggetto dell'impugnativa, circoscritto alla decisione della Corte d'appello del TPF (art. 80 cpv. 1 LTF), e non devono di conseguenza essere esaminate oltre. Ricordato che dinanzi al Tribunale federale non è ammissibile il ricorso adesivo (cfr. sentenza 6B_712/2023 del 1° luglio 2024 consid. 2.2) e che l'opponente non ha impugnato in questa sede la sentenza della Corte d'appello del TPF, non occorre nemmeno vagliare la tesi da questi sostenuta nella risposta al ricorso (art. 102 LTF), secondo cui, con riferimento ai messaggi scambiati tramite Facebook, sarebbe in concreto adempiuta la variante della propaganda giusta l'art. 2 cpv. 1 LAQ/SI.
4.
4.1. La ricorrente rimprovera alla Corte d'appello del TPF un diniego di giustizia, siccome non si è pronunciata sulla sua richiesta volta a fare constatare che le sue condizioni di carcerazione erano incompatibili con le esigenze dell'art. 3 CEDU. Adduce che la questione era stata da lei sollevata con l'appello incidentale, del 1° dicembre 2022, e ribadita nell'arringa, per cui la Corte di appello del TPF avrebbe dovuto esprimersi al riguardo, segnatamente ove si consideri che il suo trasferimento presso l'istituto Curabilis di Ginevra per l'esecuzione della misura terapeutica stazionaria sarebbe avvenuto soltanto il 2 ottobre 2023. Lamenta la mancanza di un carcere femminile nel Cantone Ticino e chiede di accertare che le sue condizioni di carcerazione sarebbero state lesive dell'art. 3 CEDU per un periodo di 862 giorni.
4.2. Dinanzi al tribunale di primo grado, la ricorrente si era limitata a prospettare genericamente un eventuale indennizzo ai sensi dell'art. 429 cpv. 1 CPP nel caso di una sua parziale assoluzione, postulando l'attribuzione di tale indennizzo all'accusatrice privata. Non ha esplicitamente fatto valere di essere stata sottoposta a provvedimenti coercitivi illegali, né ha quindi chiesto un'indennità giusta l'art. 431 cpv. 1 CPP. Presentata soltanto successivamente, nell'ambito della procedura di appello, la richiesta volta ad accertare l'illiceità delle condizioni detentive viola pertanto il principio della buona fede (art. 5 cpv. 3 Cost.; DTF 143 IV 397 consid. 3.4.2 pag. 406; sentenza 6B_711/2023 del 1° luglio 2024 consid. 3.2). Nell'ambito della procedura penale, questo principio è concretizzato dall'art. 3 cpv. 2 lett. a CPP e concerne non soltanto le autorità penali, ma anche le altre parti, tra cui l'imputata (DTF 147 IV 274 consid. 1.10.1 pag. 286).
Sollevando la censura, la ricorrente si fonda inoltre genericamente sul lasso di tempo intercorso tra la sua carcerazione, il 24 novembre 2020, e il suo trasferimento all'istituto Curabilis, il 2 ottobre 2023. Non considera i singoli provvedimenti adottati in questo periodo e la portata delle relative decisioni. Dai fatti accertati nella sentenza impugnata risulta infatti che, con decreto del 3 agosto 2021, il MPC ha accolto la richiesta della ricorrente di essere sottoposta all'esecuzione anticipata della pena. Ella si fonda inoltre sull'asserzione secondo cui l'esecuzione della misura terapeutica stazionaria sarebbe avvenuta soltanto il 2 ottobre 2023. Risulta tuttavia che, siccome le parti non avevano impugnato i corrispondenti dispositivi della sentenza di primo grado, la Corte di appello del TPF aveva ordinato già il 6 febbraio 2023 l'esecuzione della misura terapeutica stazionaria dell'art. 59 cpv. 3 CP, rilevando altresì che la stessa poteva svolgersi anche in un penitenziario (art. 76 cpv. 2 CP; cfr. sentenza 1B_227/2023 del 15 giugno 2023). La censura ricorsuale, sollevata come visto in urto con il principio della buona fede, non tiene specificatamente conto di tutte le circostanze e disattende pertanto anche i requisiti di motivazione dell'art. 42 cpv. 2 LTF.
5.
5.1. La ricorrente critica la commisurazione pena, chiedendone la riduzione alla luce del postulato proscioglimento dall'imputazione di violazione dell'art. 2 LAQ/SI, delle condizioni di carcerazione che sarebbero state lesive dell'art. 3 CEDU e del pentimento da lei dimostrato nella procedura di appello.
5.2. Con simile argomentazione, la ricorrente contesta la pena inflittale soltanto quale corollario alla sua richiesta di proscioglimento dal citato capo d'imputazione e di accertamento dell'illiceità della carcerazione processuale. Visto l'esito negativo delle relative censure, una riduzione della pena sulla base degli invocati motivi non entra però in considerazione. Per il resto, la ricorrente non si confronta con i considerandi della sentenza impugnata concernenti la commisurazione della pena e non sostanzia una violazione degli art. 47 segg. CP. In particolare, non sostiene, né rende verosimile, che i precedenti giudici avrebbero abusato del loro potere di apprezzamento per il fatto che la pena uscirebbe dal quadro legale, sarebbe stata valutata in base a elementi estranei all'art. 47 CP, o apparirebbe eccessivamente severa (cfr. DTF 149 IV 217 consid. 1.1; 144 IV 313 consid. 1.2). La ricorrente disattende inoltre che, nella sentenza impugnata, è stato tenuto conto in senso attenuante sia del suo pentimento espresso in sede di appello sia delle condizioni di detenzione inadeguate alle quali è stata sottoposta. Non si confronta al riguardo con una motivazione specifica, conforme alle esigenze dell'art. 42 cpv. 2 LTF, sicché non vi sono ragioni per rivenire sulla pena inflittale.
6.
Nelle conclusioni, la ricorrente chiede una riduzione della quota delle spese procedurali posta a suo carico dalla Corte d'appello del TPF. Nel ricorso non espone però una specifica motivazione al riguardo, per cui la questione non deve essere esaminata oltre.
7.
7.1. Ne segue che il ricorso deve essere respinto nella misura della sua ammissibilità.
7.2. La domanda di assistenza giudiziaria con gratuito patrocinio presentata dalla ricorrente può essere accolta in considerazione della sua situazione finanziaria e del fatto che il gravame non appariva d'acchito privo di possibilità di successo (art. 64 cpv. 1 e 2 LTF). Non si prelevano quindi spese giudiziarie a suo carico e l'avv. Daniele Iuliucci viene incaricato del suo patrocinio gratuito. Egli prospetta a questo titolo una nota professionale di complessivi fr. 5'904.33, comprese le spese, esponendo al riguardo oltre 20 ore e 35 minuti di prestazioni rimunerate a fr. 280.-- all'ora. Si tratta di un dispendio eccessivo per la procedura in questa sede, considerato che il legale aveva patrocinato la ricorrente già dinanzi alle precedenti istanze e conosceva quindi l'incarto. Non si giustifica pertanto di scostarsi dalla prassi di questa Corte, che riconosce di massima in casi analoghi un'indennità di fr. 3'000.--.
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:
1.
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto.
2.
La domanda di assistenza giudiziaria con gratuito patrocinio per la procedura dinanzi al Tribunale federale è accolta e alla ricorrente viene designato quale patrocinatore l'avv. Daniele Iuliucci.
3.
Non si prelevano spese giudiziarie.
4.
La Cassa del Tribunale federale verserà all'avv. Daniele Iuliucci un'indennità di fr. 3'000.--.
5.
Comunicazione alle parti e alla Corte d'appello del Tribunale penale federale.
Losanna, 20 febbraio 2025
In nome della I Corte di diritto penale
del Tribunale federale svizzero
La Presidente: Jacquemoud-Rossari
Il Cancelliere: Gadoni