2C_641/2024 25.02.2025
Bundesgericht
Tribunal fédéral
Tribunale federale
Tribunal federal
2C_641/2024
Sentenza del 25 febbraio 2025
II Corte di diritto pubblico
Composizione
Giudici federali Aubry Girardin, Presidente,
Donzallaz, Ryter,
Cancelliera Ieronimo Perroud.
Partecipanti al procedimento
A.________,
ricorrente,
contro
Dipartimento delle istituzioni del Cantone Ticino, Sezione della popolazione,
Residenza governativa, 6501 Bellinzona,
Consiglio di Stato del Cantone Ticino, Residenza governativa, 6501 Bellinzona.
Oggetto
Permesso di dimora UE/AELS,
ricorso contro la sentenza emanata il 18 novembre 2024 dal Tribunale amministrativo del Cantone Ticino (52.2023.436).
Fatti:
A.
A.a. A.________ (1955), cittadina italiana, è entrata in Svizzera il 1° dicembre 2009, ove è stata posta al beneficio di un permesso di dimora UE/AELS senza attività lucrativa, più volte rinnovato. All'epoca, lavorava presso B.________ di X.________ (IT). Il 19 luglio 2018, la Sezione della popolazione del Dipartimento delle istituzioni del Cantone Ticino le ha negato, a causa della sua situazione debitoria (procedura esecutiva in corso di fr. 5'985.--), il rilascio del permesso di domicilio UE/AELS chiesto il 10 aprile 2017.
A.b. A seguito del licenziamento collettivo attivato dal datore di lavoro italiano A.________, che non lavorava più dal 28 luglio 2018, ha percepito, dal 1° agosto 2018 al 31 dicembre 2019 (art. 105 cpv. 2 LTF), le indennità dell'assicurazione svizzera contro la disoccupazione. La Sezione della popolazione le ha inoltre prorogato il permesso di dimora UE/AELS per un anno (termine di controllo 30 novembre 2020) per cercare un posto di lavoro.
A.c. Dal 1° gennaio 2020 A.________ percepisce una rendita di vecchiaia AVS e le relative prestazioni complementari, ammontanti rispettivamente a fr. 93.-- e fr. 1'979.-- mensili.
B.
B.a. Il 22 agosto 2022, dopo aver dato a A.________ la possibilità di esprimersi, la Sezione della popolazione ha deciso di non rinnovarle il permesso di dimora UE/AELS e l'ha invitata nel contempo a lasciare la Svizzera.
B.b. Questa decisione è stata confermata, su ricorso, prima dal Consiglio di Stato del Cantone Ticino, il 25 ottobre 2023, e poi dal Tribunale cantonale amministrativo, con sentenza del 18 novembre 2024.
C.
Il 20 dicembre 2024 A.________ ha inoltrato dinanzi al Tribunale federale un ricorso in materia di diritto pubblico con cui chiede l'annullamento della sentenza cantonale e il rilascio del permesso di dimora UE/AELS.
Con decreto presidenziale del 23 dicembre 2024 è stato conferito l'effetto sospensivo al ricorso. Il Tribunale federale non ha proceduto ad altri atti istruttori, salvo a chiedere la trasmissione degli atti cantonali.
Diritto:
1.
1.1. Secondo l'art. 83 lett. c n. 2 LTF, il ricorso in materia di diritto pubblico è inammissibile contro le decisioni in materia di diritto degli stranieri concernenti permessi o autorizzazioni al cui ottenimento né il diritto federale né il diritto internazionale conferiscono un diritto. Poiché la ricorrente è una cittadina italiana e può in principio richiamarsi all'Accordo del 21 giugno 1999 sulla libera circolazione delle persone (ALC; RS 0.142.112.681), al fine di risiedere in Svizzera al beneficio di un'autorizzazione di soggiorno, (sentenza 2C_608/2023 del 27 marzo 2024 consid. 1.1), la suddetta clausola d'eccezione non si applica alla presente vertenza (sentenza 2C_556/2024 del 18 dicembre 2024 consid. 1.1). La verifica dell'esistenza effettiva di un diritto di soggiorno attiene invece al merito (DTF 147 I 268 consid. 1.2).
1.2. Diretto contro una decisione finale (art. 90 LTF) emessa in ultima istanza cantonale da un tribunale superiore (art. 86 cpv. 1 lett. d e cpv. 2 LTF), il ricorso, presentato da una persona legittimata ad agire (art. 89 cpv. LTF) nei termini (art. 100 cpv. 1 LTF in relazione con l'art. 46 cpv. 1 lett. c LTF) e nelle forme richieste (art. 42 cpv. 2 LTF) è, in linea di principio, ammissibile quale ricorso in materia di diritto pubblico ai sensi degli art. 82 segg. LTF.
2.
2.1. Il Tribunale federale applica d'ufficio il diritto federale (art. 106 cpv. 1 LTF). Nondimeno, considera in via di principio solo gli argomenti proposti (art. 42 cpv. 2 LTF; DTF 142 III 364 consid. 2.4), salvo in caso di violazioni manifeste del diritto, rilevate d'ufficio (DTF 142 III 364 consid. 2.4). Giusta l'art. 42 LTF, un ricorso davanti a questa Corte deve contenere conclusioni, motivi e indicazione dei mezzi di prova (cpv. 1); nei motivi occorre spiegare in modo conciso perché l'atto impugnato viola il diritto (cpv. 2). La parte ricorrente deve di conseguenza confrontarsi almeno sommariamente con i considerandi del giudizio impugnato, esponendo in quale misura lo stesso sarebbe lesivo del diritto (DTF 143 II 283 consid. 1.2.2; 142 I 99 consid. 1.7.1). Esigenze più severe valgono poi in relazione alla violazione di diritti fondamentali, che dev'essere motivata in modo circostanziato ed esaustivo, pena l'inammissibilità (art. 106 cpv. 2 LTF; DTF 143 II 283 consid. 1.2.2; 142 III 364 consid. 2.4). Critiche appellatorie non sono ammesse (DTF 147 IV 73 consid. 4.1.2).
2.2. Per quanto concerne i fatti, il Tribunale federale fonda il suo ragionamento giuridico sugli accertamenti dell'autorità inferiore (art. 105 cpv. 1 LTF). Può scostarsene qualora essi siano stati eseguiti in violazione del diritto ai sensi dell'art. 95 LTF o in modo manifestamente inesatto, vale a dire arbitrario (art. 105 cpv. 2 LTF; DTF 145 IV 154 consid. 1.1), ciò che deve essere dimostrato con una critica precisa e circostanziata (art. 106 cpv. 2 LTF; DTF 140 III 264 consid. 2.3).
Poiché la ricorrente non li mette validamente in discussione - con una motivazione conforme all'art. 106 cpv. 2 LTF, che ne dimostri un accertamento o un apprezzamento arbitrario (art. 106 cpv. 2 LTF) - i fatti che emergono dalla sentenza impugnata vincolano nel caso concreto il Tribunale federale (art. 105 cpv. 1 LTF; sentenza 2C_438/2023 del 9 dicembre 2024 consid. 2.2).
3.
Il Tribunale cantonale amministrativo ha rilevato in primo luogo che la ricorrente non poteva dedurre dall'Accordo sulla libera circolazione un diritto al rilascio di un'autorizzazione di soggiorno. Ella infatti non aveva diritto al rinnovo del permesso di dimora UE/AELS senza attività lucrativa ai sensi dell'art. 24 Allegato I ALC, poiché non disponeva di mezzi finanziari sufficienti. Non poteva in seguito prevalersi del diritto di rimanere giusta gli artt. 7 lett. c ALC e 4 Allegato I ALC in relazione con l'art. 2 par. 1 lett. a del regolamento (CEE) n. 1251/70 e con la direttiva 75/34/CEE in quanto non aveva occupato un impiego in Svizzera nei 12 mesi precedenti il raggiungimento dell'età pensionabile. Ha poi aggiunto che il mancato rinnovo dell'autorizzazione di soggiorno rispettava il principio della proporzionalità e, infine, che nessun diritto di soggiorno poteva essere dedotto dall'art. 8 CEDU.
4.
Davanti al Tribunale federale, la ricorrente non pretende più di vantare un diritto al rinnovo del permesso di dimora UE/AELS senza l'esercizio di un'attività lucrativa ai sensi dell'art. 6 ALC combinato con l'art. 24 Allegato I ALC. A ragione. Rammentato che il rilascio di questa autorizzazione implica che lo straniero non ricorra all'assistenza sociale durante il suo soggiorno (DTF 142 II 35 consid. 5.1 e rinvii), si rileva che, come constatato in modo vincolante nella sentenza cantonale (art. 105 cpv. 1 LTF; supra consid. 2.2), l'interessata manifestamente non adempie detta esigenza. Oltre alla sua rendita di vecchiaia AVS pari a fr. 93.-- mensili, ella percepisce infatti anche prestazioni complementari ammontanti a fr. 1979.-- mensili, le quali nel contesto particolare dell'Accordo sulla libera circolazione delle persone sono equiparate all'assistenza sociale (DTF 135 II 265 consid. 3.6; sentenza 2C_500/2024 del 10 dicembre 2024 consid. 7.2 e rispettivi richiami). Pertanto, in assenza di lesioni manifeste del diritto che bisognerebbe rilevare d'ufficio (cfr. supra consid. 2.1), non occorre tornare su tale aspetto in questa sede (sentenza 2C_533/2024 del 13 novembre 2024 consid. 3.2).
5.
5.1. Rimane da esaminare se a giusto titolo i Giudici cantonali hanno confermato il rifiuto di riconoscere alla ricorrente il diritto di rimanere in Svizzera sulla base dell'art. 4 Allegato I ALC in relazione con l'art. 2 par. 1 lett. a del regolamento (CEE) n. 1251/70. Essi hanno rilevato infatti che ella non poteva prevalersi di tale diritto perché non aveva lavorato in Svizzera né nei 12 mesi antecedenti al raggiungimento dell'età pensionabile né in precedenza.
5.2. A parere dell'interessata invece un tale diritto sussisterebbe perché, al momento del raggiungimento dell'età legale per ottenere la rendita di vecchiaia AVS, risiedeva da più di tre anni in Svizzera e beneficiava da almeno 12 mesi dello statuto di lavoratrice ai sensi dell'ALC. Infatti, richiamandosi all'art. 4 par. 2 del regolamento (CEE) n. 1251/70, ella sostiene che il fatto di aver percepito in Svizzera le indennità di disoccupazione le avrebbe permesso di mantenere detto statuto durante i 12 mesi precedenti il pensionamento.
5.3.
5.3.1. Secondo l'art. 7 lett. c ALC e l'art. 4 Allegato I ALC, in relazione con il regolamento (CEE) n. 1251/70, un lavoratore può prevalersi del diritto di rimanere a titolo permanente sul territorio di un'altra parte contraente dopo aver cessato un'attività economica dipendente. Più precisamente, l'art. 2 par. 1 lett. a del regolamento (CEE) n. 1251/70 prevede che ha diritto di rimanere il lavoratore che, al momento in cui cessa la propria attività, ha raggiunto l'età riconosciuta valida dalla legislazione di questo Stato agli effetti dei diritti alla pensione di vecchiaia ed ha ivi occupato un impiego almeno durante gli ultimi dodici mesi e risieduto ininterrottamente da più di tre anni. Per potersi prevalere del diritto di rimanere giusta l'art. 2 par. 1 lett. a del regolamento (CEE) n. 1251/70 la persona interessata deve dunque rispettare le seguenti condizioni cumulative: a) aver soggiornato permanentemente nello Stato in questione per almeno tre anni; b) aver raggiunto l'età per ottenere la rendita di vecchiaia; c) aver beneficiato dello statuto di lavoratore ai sensi dell'ALC almeno nei dodici mesi che precedono il raggiungimento dell'età pensionabile (sentenza 2C_395/2023 del 7 novembre 2023 consid. 4.2.2 e rinvii). Secondo l'art. 4 par. 2 del regolamento (CEE) n. 1251/70, i periodi di disoccupazione involontaria debitamente accertati dal competente ufficio del lavoro e le assenze per malattia o infortunio sono considerati periodo di occupazione ai sensi dell'art. 2 par. 1 del regolamento medesimo.
5.3.2. Il riconoscimento del diritto di rimanere ai sensi dell'art. 2 par. 1 lett. a del regolamento (CEE) n. 1251/70 presuppone dunque il possesso dello statuto di lavoratore ai sensi dell'ALC.
Giusta l'art. 6 par. 1 Allegato I ALC, il lavoratore dipendente, cittadino di una parte contraente, che occupa un impiego di durata uguale o superiore a un anno al servizio di un datore di lavoro dello Stato ospitante riceve una carta di soggiorno della durata di almeno 5 anni a decorrere dalla data del rilascio, automaticamente rinnovabile per almeno 5 anni. In occasione del primo rinnovo, la validità della carta di soggiorno può essere limitata, per un periodo non inferiore ad un anno, qualora il possessore si trovi in una situazione di disoccupazione involontaria da oltre 12 mesi. Le ulteriori proroghe sono sottoposte alla condizione che l'interessato conservi lo statuto di lavoratore (sentenza 2C_74/2024 del 23 febbraio 2024 consid. 5.1). Quello di lavoratore è un concetto autonomo di diritto europeo, che non dipende da considerazioni sul piano nazionale (DTF 141 II 1 consid. 2.2.3; DTF 131 II 339 consid. 3.1; sentenze 2C_183/2023 dell'8 ottobre 2024 consid. 4.3.2 e 2C_321/2023 del 2 luglio 2024 consid. 3.2). La nozione di lavoratore, che delimita il campo di applicazione del principio della libera circolazione, dev'essere interpretata in modo estensivo, mentre le eccezioni e le deroghe a questa libertà fondamentale vanno sottoposte a un'interpretazione restrittiva. È quindi considerato lavoratore colui che svolge, per una certa durata, a favore di un'altra persona e sotto la sua direzione, delle prestazioni per le quali percepisce una controprestazione.
5.4.
5.4.1. Per determinare la sussistenza del diritto di rimanere giusta l'art. 2 par. 1 lett. a del regolamento (CEE) n. 1251/70, nella fattispecie occorre soltanto verificare se la ricorrente beneficiava dello statuto di lavoratrice ai sensi dell'ALC nei 12 mesi precedenti il raggiungimento dell'età pensionabile, avvenuto il 1° gennaio 2020. Infatti, dalla sentenza impugnata risulta che le altre due condizioni alle quali è subordinato il diritto di rimanere ai sensi della presente disposizione sono pacificamente date.
5.4.2. Come emerge dai fatti constatati in modo vincolante dalla Corte cantonale (art. 105 cpv. 1 LTF), durante il suo soggiorno in Svizzera la ricorrente non vi ha mai lavorato: ella infatti vi ha sempre soggiornato in virtù di un permesso di dimora UE/AELS senza attività lucrativa, svolgendo nel contempo un'attività lavorativa in Italia. In ragione della cessazione del suo impiego in Italia, dal 1° agosto 2018 al 31 dicembre 2019, essa ha beneficiato delle indennità di disoccupazione erogate dalle autorità elvetiche. Durante tale periodo essa ha anche domandato, e ottenuto, il rinnovo della sua autorizzazione di soggiorno per continuare a risiedere in Svizzera senza svolgere attività lucrativa.
5.4.3. Poiché la ricorrente non ha mai occupato un impiego al servizio di un datore di lavoro dello Stato ospitante, vale a dire la Svizzera, risulta che essa non ha mai ottenuto la qualifica di lavoratrice ai sensi dell'ALC. Avendo sempre lavorato in Italia, suo Paese di origine, ella non ricade dunque nella definizione di lavoratrice di cui all'art. 6 par. 1 Allegato I ALC. Tale conclusione trova inoltre conferma nel fatto che l'interessata non ha mai domandato di esser messa al beneficio di un'autorizzazione di soggiorno per lavorare nel nostro Paese.
Nonostante quanto affermato dalla ricorrente, neanche l'ottenimento delle indennità previste dall'assicurazione svizzera contro la disoccupazione le ha permesso di ottenere lo statuto di lavoratrice ai sensi dell'ALC nei 12 mesi precedenti il raggiungimento dell'età pensionabile. Il fatto che le indennità di disoccupazione sono state erogate dalle autorità elvetiche è infatti unicamente una conseguenza dell'applicazione delle norme in materia di coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale (art. 8 ALC in relazione con l'art. 65 par. 2 del regolamento (CE) n. 833/2004) che non costituisce un elemento rilevante ai fini del riconoscimento dello statuto di lavoratrice ai sensi dell'ALC.
Infine, nemmeno il richiamo all'art. 4 par. 2 del regolamento (CEE) n. 1251/70 (secondo cui, tra l'altro, i periodi di disoccupazione involontaria debitamente accertati sono considerati periodi di occupazione ai sensi dell'articolo 2 paragrafo 1) permette di riconoscerle lo statuto di lavoratrice giusta l'ALC. La ricorrente, infatti, non può prevalersi di questa disposizione per ottenere detta qualifica durante il periodo di disoccupazione dato che, come già rilevato, non la possedeva neanche prima del suo licenziamento da parte del datore di lavoro italiano.
5.5. Poiché la ricorrente non poteva essere qualificata come lavoratrice secondo l'ALC nei 12 mesi che hanno preceduto il raggiungimento dell'età pensionabile, di conseguenza non le spetta un diritto di rimanere in Svizzera giusta l'art. 4 Allegato I ALC in relazione con l'art. 2 par. 1 lett. a del regolamento (CEE) n. 1251/70.
6.
A parere della ricorrente la sentenza impugnata non sarebbe compatibile con il principio della proporzionalità in relazione con l'art. 8 CEDU, in quanto lederebbe il suo diritto al rispetto della vita privata.
6.1. Conformemente all'art. 8 CEDU, ogni persona ha diritto al rispetto della vita privata e familiare. Di per sé, questa norma non conferisce un diritto di soggiorno in Svizzera (DTF 149 I 72 consid. 2.1.1). A seconda delle circostanze, tuttavia, una persona straniera può prevalersene per opporsi a una misura che comporterebbe una limitazione sproporzionata dei diritti in discussione e, in quest'ottica, può quindi anche fondare il riconoscimento di un diritto a rimanere in Svizzera (DTF 144 I 266 consid. 3.3; sentenze 2C_658/2023 del 4 novembre 2024 consid. 4.1; 2C_448/2024 del 3 ottobre 2024 consid. 6.1).
Di regola, è possibile prevalersi del diritto alla garanzia della vita privata solo dopo un soggiorno legale di dieci anni. Trascorso questo periodo, infatti, si può in linea di principio considerare che i rapporti sociali intessuti in Svizzera sono diventati stretti a tal punto che per porre fine al soggiorno ci vogliono motivi qualificati (DTF 147 I 268 consid. 1.2.4). Davanti a un'integrazione particolarmente riuscita, la facoltà di prevalersi dell'art. 8 CEDU nell'ottica del diritto alla vita privata può però essere ammessa anche prima (DTF 149 I 207 consid. 5.3.2).
6.2. Arrivata in Svizzera nel dicembre del 2009, la ricorrente si è vista negare il rinnovo del permesso di dimora UE/AELS nell'agosto 2022. Essa può pertanto prevalersi di un soggiorno di lunga durata, la condizione dei 10 anni di residenza legale essendo adempiuta, e di riflesso richiamarsi al diritto al rispetto della vita privata tutelato dall'art. 8 CEDU.
Nel caso concreto, come giudicato a ragione dalla Corte cantonale, una limitazione di tale diritto risulta giustificata e va quindi confermata (art. 8 par. 2 CEDU). Infatti, tra i motivi che autorizzano un'ingerenza della pubblica autorità nell'esercizio del diritto alla vita privata garantito dall'art. 8 CEDU vi può essere anche la volontà del Paese ospitante di contenere l'aggravio delle finanze pubbliche nel caso in cui le condizioni per ammettere un diritto di soggiorno in base ad altre norme non sono date (sentenza 2C_74/2024 del 23 febbraio 2024 consid. 7.4.3). Poiché la ricorrente vive soprattutto grazie alle prestazioni complementari alla sua rendita AVS - quest'ultima infatti ammonta a solo fr. 93.-- mensili - il mancato rinnovo della sua autorizzazione di soggiorno poggia quindi su un interesse pubblico. Non va poi trascurato che la ricorrente, la quale non ha mai lavorato in Svizzera, vi si è installata all'età di 54 anni, ragione per cui un suo trasferimento in Italia, paese ove ha vissuto la maggior parte della sua vita, in aggiunta al fatto che vi ha sempre lavorato, e del quale, oltre a padroneggiarne la lingua, ha familiarità con gli usi, la cultura e lo stile di vita, per molti versi equiparabili a quelli ticinesi, non risulta improponibile. E ciò anche tenendo conto delle difficoltà di adattamento che potrà comportare un rientro in Patria. Al riguardo va soggiunto che se si stabilisce nella fascia di confine, nella quale risiedeva già prima del suo arrivo in Svizzera, ella potrà inoltre mantenere i rapporti con le persone conosciute durante il soggiorno nel nostro Paese.
Premesse queste considerazioni la sentenza impugnata è conforme sia al principio della proporzionalità che all'art. 8 CEDU e come tale va quindi tutelata.
6.3. Infine, dato che l'interessata vive da sola, non ha figli minorenni e non intrattiene alcun rapporto di dipendenza con eventuali familiari residenti in Svizzera, è a giusto titolo che ella non si richiama al diritto al rispetto della vita familiare (in proposito cfr. DTF 144 II 1 consid. 6.1; sentenza 2C_438/2023 del 9 dicembre 2024 consid. 6.2), anch'esso fondato sull'art. 8 CEDU.
7.
Per quanto precede, il ricorso risulta infondato e va pertanto respinto.
8.
L'istanza di esonero dalle spese giudiziarie, intesa quale implicita domanda di assistenza giudiziaria, non può essere accolta, poiché il gravame doveva apparire fin dall'inizio privo di probabilità di successo (art. 64 cpv. 1 LTF). Nell'addossare le spese giudiziarie al ricorrente viene comunque considerata la sua situazione finanziaria, fissando un importo ridotto (art. 65 cpv. 1 e 2 e art. 66 cpv. 1 LTF). Non si assegnano ripetibili ad autorità vincenti (art. 68 cpv. 3 LTF).
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:
1.
Il ricorso è respinto.
2.
La domanda di assistenza giudiziaria è respinta.
3.
Le spese giudiziarie di fr. 1'000.-- sono poste a carico della ricorrente.
4.
Comunicazione al rappresentante della ricorrente, alla Sezione della popolazione del Dipartimento delle istituzioni, al Consiglio di Stato e al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino nonché alla Segreteria di Stato della migrazione SEM.
Losanna, 25 febbraio 2025
In nome della II Corte di diritto pubblico
del Tribunale federale svizzero
La Presidente: F. Aubry Girardin
La Cancelliera: Ieronimo Perroud