6B_384/2024 07.04.2025
Bundesgericht
Tribunal fédéral
Tribunale federale
Tribunal federal
6B_384/2024
Sentenza del 7 aprile 2025
I Corte di diritto penale
Composizione
Giudici federali Muschietti, Giudice presidente,
von Felten, Guidon,
Cancelliere Gadoni.
Partecipanti al procedimento
A.________,
patrocinato dall'avv. Immacolata Iglio Rezzonico,
ricorrente,
contro
Ministero pubblico del Cantone Ticino, Palazzo di giustizia, via Pretorio 16, 6901 Lugano,
opponente.
Oggetto
Espulsione,
ricorso in materia penale contro la sentenza emanata l'8 marzo 2024 dalla Corte di appello e di revisione penale del Cantone Ticino (incarto n. 17.2022.256, 17.2023.76).
Fatti:
A.
Con sentenza del 13 luglio 2022, la Corte delle assise criminali ha dichiarato A.________, cittadino iracheno nato nel 2003, autore colpevole di aggressione, per avere il 4 dicembre 2021 a X.________, in correità con il fratello B.________ e con altre persone, preso parte ad un'aggressione ai danni di C.________, nell'ambito della quale quest'ultimo è stato colpito alla testa con numerosi pugni e con una bottiglia di birra, nonché con ulteriori pugni e calci rivolti in varie parti del corpo e ancora alla testa dopo che la vittima era stata spinta a terra. All'imputato è inoltre stato rimproverato di avere, nelle medesime circostanze di tempo e di luogo, in correità con altre persone, colpito pure D.________ con almeno una sberla ed un pugno, continuando poi a trattenerlo per il bavero, provocandogli una fuoriuscita di sangue dal naso e delle contusioni attestate da un certificato medico.
L'imputato, riconosciuta una lieve scemata imputabilità, è stato condannato alla pena detentiva di 2 anni e 6 mesi, da dedursi la carcerazione preventiva sofferta. Nei suoi confronti è inoltre stata ordinata l'espulsione dal territorio svizzero per un periodo di 10 anni e la segnalazione della stessa nel sistema d'informazione di Schengen (SIS). La Corte delle assise criminali ha pure ordinato un trattamento ambulatoriale giusta l'art. 63 CP, da eseguirsi in sede di espiazione della pena.
B.
A.________ ha impugnato i dispositivi del giudizio di primo grado concernenti l'espulsione e la relativa segnalazione nel SIS dinanzi alla Corte di appello e di revisione penale del Cantone Ticino (CARP). Con sentenza dell'8 marzo 2024, la Corte cantonale ha respinto l'appello, riducendo tuttavia a 5 anni la durata dell'espulsione. Ha ritenuto che l'interesse pubblico all'espulsione dell'imputato era prevalente sul suo interesse privato a rimanere in Svizzera.
C.
A.________ impugna questa sentenza con un ricorso in materia penale al Tribunale federale, chiedendo di annullarla. Postula inoltre di essere ammesso al beneficio dell'assistenza giudiziaria e del gratuito patrocinio. Il ricorrente fa valere un accertamento inesatto dei fatti.
Non è stato ordinato uno scambio di scritti, ma è stato richiamato l'incarto cantonale.
Diritto:
1.
1.1. Presentato dall'imputato, che ha partecipato alla procedura dinanzi alla precedente istanza, le cui conclusioni sono state disattese (art. 81 cpv. 1 lett. a e b n. 1 LTF), e diretto contro una decisione finale (art. 90 LTF) resa in materia penale (art. 78 cpv. 1 LTF) da un'autorità di ultima istanza cantonale (art. 80 cpv. 1 LTF), il gravame è tempestivo (art. 100 cpv. 1 in relazione con l'art. 46 cpv. 1 lett. a LTF) e sotto i citati aspetti ammissibile.
1.2. Nell'ambito della procedura di ricorso dinanzi al Tribunale federale non possono di principio essere addotti fatti e mezzi di prova nuovi (cfr. art. 99 cpv. 1 LTF). In particolare, questa Corte non può tenere conto di fatti o mezzi di prova sopraggiunti dopo l'emanazione dell'atto impugnato, vale a dire veri nova (DTF 148 V 174 consid. 2.2; 144 V 35 consid. 5.2.4 e rispettivi rinvii). I documenti H, I e L prodotti dal ricorrente, concernenti dei preavvisi del 12 aprile 2024, rispettivamente del 15 aprile 2024 e del 24 aprile 2024, relativi alle richieste di collocamento in sezione aperta presso il penitenziario cantonale e di primo congedo, sono successivi all'emanazione della sentenza impugnata e sono pertanto inammissibili. Sono quindi parimenti inammissibili i documenti M, N e O, peraltro inviati dal ricorrente dopo la scadenza del termine di ricorso.
2.
2.1. Conformemente a quanto stabilito dagli art. 95 e 96 LTF, il ricorso in materia penale al Tribunale federale può essere presentato per violazione del diritto. Secondo l'art. 42 cpv. 2 LTF, nel ricorso occorre illustrare per quali ragioni l'atto impugnato viola il diritto. Il ricorrente deve confrontarsi con le considerazioni esposte nella sentenza impugnata, spiegando per quali motivi tale giudizio lede il diritto (DTF 142 I 99 consid. 1.7.1). Il Tribunale federale esamina in linea di principio solo le censure sollevate; esso non è tenuto a vagliare, come lo farebbe un'autorità di prima istanza, tutte le questioni giuridiche che si pongono, se quest'ultime non sono presentate nella sede federale (DTF 134 II 244 consid. 2.1). Le esigenze di motivazione sono inoltre accresciute laddove il ricorrente lamenta l'arbitrio nell'accertamento dei fatti e nella valutazione delle prove, dato che ciò equivale a sostenere che i fatti sono stati accertati in violazione dell'art. 9 Cost. Trattandosi di garanzie di rango costituzionale, il Tribunale federale esamina le relative censure soltanto se sono motivate in modo chiaro e preciso (art. 106 cpv. 2 LTF; DTF 150 II 346 consid. 1.5.3 e 1.6; 146 IV 114 consid. 2.1; 143 IV 500 consid. 1.1; 142 III 364 consid. 2.4). In quest'ottica, argomentazioni vaghe o meramente appellatorie e semplici rinvii agli atti cantonali non sono ammissibili (DTF 143 IV 122 consid. 3.3; 142 III 364 consid. 2.4). Per motivare l'arbitrio, non basta criticare semplicemente la decisione impugnata contrapponendole una versione propria, ma occorre dimostrare per quale motivo l'accertamento dei fatti o la valutazione delle prove sono manifestamente insostenibili, si trovano in chiaro contrasto con la fattispecie, si fondano su una svista manifesta o contraddicono in modo urtante il sentimento della giustizia e dell'equità (DTF 148 IV 356 consid. 2.1; 145 IV 154 consid. 1.1; 143 IV 241 consid. 2.3.1; 129 I 173 consid. 3.1, 8 consid. 2.1).
2.2. Nella fattispecie, il ricorrente contesta essenzialmente l'accertamento dei fatti e la valutazione degli stessi da parte della Corte cantonale. Nella misura in cui si limita però a criticare genericamente il giudizio impugnato opponendo la sua opinione a quella della precedente istanza, il gravame denota carattere appellatorio e deve pertanto essere dichiarato inammissibile. Spettava infatti al ricorrente confrontarsi puntualmente con gli specifici accertamenti contenuti nella sentenza della CARP, spiegando con una motivazione conforme alle esposte esigenze perché essi sarebbero manifestamente insostenibili o in chiaro contrasto con determinati atti.
3.
3.1. Non è in concreto contestato che la condanna del ricorrente, cittadino iracheno, per il titolo di aggressione, comporta in virtù dell'art. 66a cpv. 1 lett. b CP l'espulsione obbligatoria dal territorio svizzero per un periodo da 5 a 15 anni, a prescindere dall'entità della pena inflitta. Il ricorrente rimprovera tuttavia alla Corte cantonale di non avere preso in considerazione una serie di fatti e circostanze che condurrebbero in concreto ad ammettere un caso di rigore, nonché l'esistenza di un suo interesse privato prevalente a rimanere in Svizzera.
3.2. Giusta l'art. 66a cpv. 2 CP, il giudice può rinunciare eccezionalmente a pronunciare l'espulsione se questa costituirebbe per lo straniero un grave caso di rigore personale (prima condizione) e l'interesse pubblico all'espulsione non prevale sull'interesse privato dello straniero a rimanere in Svizzera (seconda condizione). A questo proposito, il giudice tiene conto della situazione particolare dello straniero nato o cresciuto in Svizzera. Le condizioni poste dall'art. 66a cpv. 2 CP sono cumulative (DTF 149 IV 231 consid. 2.1 e rinvio). Il Tribunale federale ha già avuto modo di illustrare i criteri da prendere in considerazione nell'ambito dell'esame del caso di rigore e della ponderazione degli interessi (DTF 146 IV 105 consid. 3.4; 144 IV 332 consid. 3.3). Nella valutazione dell'espulsione, si è parimenti già pronunciato sul diritto al rispetto della vita privata e familiare (art. 13 Cost. e 8 CEDU) e sulla giurisprudenza della CorteEDU in materia (DTF 147 IV 105 consid. 4.2; 147 I 268 consid. 1.2.3).
3.3. La Corte cantonale ha accertato che il ricorrente è giunto in Svizzera dall'Iraq nel 2009, all'età di 6 anni con la madre e il fratello maggiore B.________, raggiungendo il padre che già si trovava in loco. La loro domanda di asilo è stata respinta ed essi sono stati ammessi provvisoriamente, al beneficio di un permesso F. Nel frattempo, i genitori hanno lasciato definitivamente la Svizzera e, al momento dell'arresto, il ricorrente non aveva praticamente alcun contatto con loro, il rapporto con il padre rimanendo peraltro conflittuale. La CARP ha rilevato che l'unico dei fratelli del ricorrente che ancora vive in Svizzera è il correo B.________, con cui ha sempre avuto un legame molto stretto. Il fratello ha accettato la sentenza di condanna a suo carico e sarà quindi espulso dal territorio svizzero (per un periodo di 10 anni) quando avrà terminato di scontare la pena detentiva. La Corte cantonale ha rilevato che il ricorrente vanta dei legami personali nel Cantone Ticino con ragazzi e con adulti, in particolare con i giovani E.________, F.________ e G.________, che si dichiarano autenticamente suoi amici. Ha quindi ritenuto che il ricorrente era riuscito, almeno sotto il profilo dei legami personali, a realizzare una certa integrazione. Secondo quanto accertato dalla Corte cantonale, egli ha dei buoni rapporti anche con alcuni adulti, segnatamente con la madre di E.________ e con il di lei compagno, oltre che con alcuni educatori. Il ricorrente considera queste persone come delle figure di riferimento, anche se, come accertato dai giudici cantonali, egli non ha fatto tesoro del sostegno e dell'aiuto da loro offerto, essendo incorso in una serie di precedenti penali. Quanto alla sua formazione, la Corte cantonale ha accertato che il ricorrente non ha portato a termine le scuole dell'obbligo frequentate nel Cantone Ticino, avendo seguito soltanto i primi due anni di scuola media. Ha altresì accertato che, durante la detenzione, egli ha superato gli esami del primo anno di un corso di commercio e lingue presso una scuola privata, conseguendo un diploma di commercio (di livello inferiore) rilasciato dalla Federazione svizzera delle scuole private. Alla luce delle esposte circostanze, considerata l'assenza di legami familiari e professionali di rilievo in Svizzera, la Corte cantonale ha ritenuto più che dubbio che l'espulsione possa comportare un grave caso di rigore personale per il ricorrente. Ha nondimeno lasciato indecisa la questione, giacché l'interesse pubblico all'espulsione prevale sul suo interesse privato a rimanere in Svizzera.
A tal riguardo, la Corte cantonale ha ritenuto che il ricorrente rappresenta concretamente un pericolo per l'ordine pubblico. Ha accertato che, nonostante la giovane età, nei suoi confronti sono già state pronunciate quattro precedenti condanne per diversi reati, tra cui, in tre casi, per quello di aggressione. In due casi gli è stata inflitta una pena detentiva da espiare. La CARP ha rilevato che i precedenti penali specifici commessi dal ricorrente si sviluppano in un contesto di scontri tra "bande", l'interessato appartenendo ad una banda di giovani con cui egli tende a fare gruppo negli episodi di violenza. Anche il reato oggetto del presente procedimento penale concerne un caso di aggressione, in cui il ricorrente ha nuovamente agito in un contesto simile a quelli precedenti con il sostegno del fratello e di altre persone non identificate. La Corte cantonale ha altresì osservato ch'egli continua dal carcere a prendere le difese del fratello e non ha mai riferito i nomi degli altri partecipanti coinvolti, ciò che permette di ritenere ch'egli è ancora in qualche modo legato ai membri della banda. Richiamando il referto del perito giudiziario, la Corte cantonale ha inoltre constatato che i comportamenti incriminati sono regolari, il ricorrente reagendo in modo stereotipato con modalità aggressive e violente. I giudici cantonali hanno ritenuto che il ricorrente ha familiarità con la violenza, tendendo a banalizzarla ed a considerarla "quasi un gioco". L'aggressione oggetto del procedimento penale in esame è stata commessa dal ricorrente il 4 dicembre 2021, dopo ch'egli aveva terminato da meno di tre mesi di scontare una precedente pena detentiva, dimostrando con ciò di non tenere in considerazione l'ammonimento del 6 maggio 2021 della Segreteria di Stato della migrazione, che lo rendeva attento del fatto che, in caso di condanna o di altri comportamenti delinquenziali o gravemente asociali, si sarebbe esposto ad una procedura di revoca dell'ammissione provvisoria. La Corte cantonale ha altresì considerato che il comportamento processuale del ricorrente è stato tutt'altro che collaborativo e che, anche in ottica futura, non sono ravvisabili elementi che permettono di ritenere ch'egli abbia preso coscienza della pericolosità delle sue azioni e sia deciso a non più ripeterle. Ha concluso che il ricorrente ha minimizzato la gravità dei fatti incriminati e non ne ha assunto pienamente la responsabilità.
La CARP ha altresì tenuto conto del fatto che durante la detenzione, l'8 settembre 2023, egli si è reso protagonista di un ulteriore episodio di violenza, che ha comportato dapprima il suo isolamento in cella di rigore e in seguito il suo spostamento nel comparto di sicurezza. In quella circostanza, il ricorrente si è unito ad una lite tra il fratello B.________ e un altro detenuto e, all'atto di essere riaccompagnato nella sua cella, in preda alla rabbia, ha sbattuto la finestra, mandandola in frantumi. La Corte cantonale ha al proposito considerato che, anche in pendenza dell'appello sulla misura dell'espulsione, il ricorrente aveva mantenuto l'atteggiamento di sfida e la volontà di intromettersi nelle discussioni altrui che lo avevano portato alle passate condanne penali. Secondo la precedente istanza, ciò conduce a ritenere che le sue dichiarazioni di pentimento e le buone intenzioni espresse sono rimaste tali. Con riferimento specifico al danneggiamento della finestra, per il quale le Strutture carcerarie cantonali hanno sporto una querela nei confronti del ricorrente, la Corte cantonale ha inoltre ritenuto "preoccupante [il] ritrovamento di un frammento di vetro sotto il suo cuscino", la versione del ricorrente secondo cui il frammento sarebbe finito lì autonomamente non potendo essere creduta nonostante il mancato ritrovamento di sue impronte sullo stesso. Ciò considerato, la Corte cantonale ha ritenuto che il rischio di recidiva, qualificato dal perito giudiziario come medio/alto, rimane sempre presente e conserva piena validità. Su questo aspetto, la CARP ha altresì richiamato i preavvisi negativi della Direzione delle strutture carcerarie e della Commissione per l'esame dei condannati pericolosi, che hanno portato il Giudice dei provvedimenti coercitivi a ritenere sfavorevole la prognosi del ricorrente ed a respingere quindi una sua richiesta di primo congedo e di trasferimento nella sezione aperta del penitenziario cantonale. Sulla base di una valutazione complessiva dell'insieme degli elementi esposti, la Corte cantonale ha quindi concluso che il ricorrente costituisce un pericolo per l'ordine pubblico e che l'interesse pubblico alla sua espulsione è prevalente rispetto al suo interesse privato a rimanere in Svizzera.
3.4.
3.4.1. Il ricorrente lamenta genericamente un accertamento inesatto dei fatti, ma non si confronta, con una motivazione conforme alle esposte esigenze, con la ponderazione degli interessi concretamente eseguita dalla Corte cantonale. Le rimprovera in particolare di non avere tenuto conto del fatto che i reati oggetto delle precedenti condanne e quello oggetto del procedimento penale in esame riguardano un periodo limitato, essendo stati commessi nello spazio di 12 giorni su un arco temporale di 3 anni (dal 2018 al 2021). Ritiene conseguentemente errato l'accertamento secondo cui egli "usciva la sera con l'intento non soltanto di divertirsi ma anche di muovere le mani in una spirale di violenza". Con questa argomentazione il ricorrente non sostanzia d'arbitrio determinati accertamenti contenuti nella sentenza impugnata, limitandosi a sminuire in modo generale la gravità dei reati commessi. Non considera le fattispecie oggetto delle precedenti condanne, puntualmente esposte dalla CARP, così come i fatti per i quali è stato condannato nell'ambito dell'attuale procedimento penale, peraltro incontestati nella procedura di appello. Il ricorrente omette in particolare di considerare che anche i precedenti penali riguardano prevalentemente delle aggressioni ripetute e che, nel caso oggetto della presente condanna, la sua colpa è stata considerata grave dal profilo oggettivo e soggettivo.
Egli rimprovera alla Corte cantonale di non avere minimamente considerato i rapporti e i legami instaurati anche con persone estranee ai reati. Adduce che la CARP non avrebbe tenuto conto delle sue amicizie e della sua formazione scolastica come pure dell'assenza di relazioni personali e di prospettive in Iraq, ove non avrebbe alcuna possibilità di reinserimento. In sostanza, secondo il ricorrente, la Corte cantonale non avrebbe eseguito una valutazione corretta dei fatti e delle prove che avrebbero consentito di ammettere un grave caso di rigore personale. A torto. La Corte cantonale ha preso in considerazione e valutato sia la sua situazione personale e familiare, sia la sua formazione (cfr. sentenza impugnata, consid. 5.1, pag. 11 segg.). Ha in particolare tenuto conto delle relazioni personali da lui addotte, riconoscendo che, sotto questo profilo, egli era riuscito a realizzare una certa integrazione (cfr. sentenza impugnata, consid. 5.1.b1). Il ricorrente disattende che la Corte cantonale, pur esprimendo dubbi, non ha di per sé negato l'esistenza di un possibile grave caso di rigore personale. Ha nondimeno rilevato che, quand'anche fosse realizzata la condizione del grave caso di rigore personale, l'interesse pubblico all'espulsione del ricorrente è comunque prevalente rispetto al suo interesse privato a rimanere in Svizzera. Sarebbe perciò spettato al ricorrente confrontarsi con la ponderazione degli interessi concretamente eseguita dalla Corte cantonale ed esporre le ragioni per cui essa sarebbe lesiva del diritto.
3.4.2. Riguardo alla suddetta ponderazione, il ricorrente si limita a criticare in modo generico la valutazione della Corte cantonale secondo cui egli rappresenta un pericolo per l'ordine pubblico. Le rimprovera di non avere tenuto conto delle sue prese di posizione del 30 ottobre 2023 e del 9 febbraio 2024 sull'episodio occorso in carcere l'8 settembre 2023, rispettivamente sulle sue precedenti condanne. Contesta l'esistenza di un rischio di recidiva, sostenendo che la CARP non avrebbe tenuto conto della violenza da lui vissuta nel corso dell'infanzia. Ora, la Corte cantonale ha riconosciuto che il ricorrente ha familiarità con la violenza, valutando tuttavia in modo sostenibile tale elemento a sostegno della sua pericolosità. Essa si è pronunciata in modo approfondito sul rischio di recidiva, fondandosi in particolare sul referto del perito giudiziario, che ha qualificato tale rischio di grado medio/alto con specifico riferimento ad ulteriori aggressioni ed atti di violenza contro le persone, analoghe a quelle già commesse in passato. Il ricorrente non si confronta specificatamente con il contenuto del referto peritale, parzialmente riportato nella sentenza impugnata, e non sostanzia quindi d'arbitrio la valutazione eseguita dalla Corte cantonale. Quest'ultima si è pure pronunciata sulle precedenti condanne del ricorrente e sulla rilevanza dei fatti avvenuti l'8 settembre 2023 presso il penitenziario cantonale, rilevando altresì che il ricorrente si era espresso su tali aspetti con le sue prese di posizione del 30 ottobre 2023 e del 9 febbraio 2024 citate. Premesso che il ricorrente non fa valere al riguardo una violazione del diritto di essere sentito (art. 29 cpv. 2 Cost., art. 3 cpv. 2 lett. c e art. 107 CPP), questa garanzia non imponeva alla CARP di esaminare espressamente ogni singola allegazione in fatto e in diritto sollevata, potendosi limitare ai punti rilevanti per il giudizio (DTF 147 IV 249 consid. 2.4; 146 IV 297 consid. 2.2.7). La sentenza impugnata si pronuncia sugli elementi rilevanti sotto il profilo dell'espulsione e rispetta quindi i requisiti di motivazione posti dal diritto di essere sentito.
3.4.3. Il ricorrente sostiene che la Corte cantonale avrebbe accertato erroneamente ch'egli non aveva paura dell'espulsione, non avendo tenuto in considerazione l'ammonimento del 6 maggio 2021 della Segreteria di Stato della migrazione. In realtà, la CARP ha accertato che il ricorrente ha commesso l'aggressione incriminata il 4 dicembre 2021, dopo averne commesse in precedenza altre tre e dopo essere stato avvertito dall'autorità amministrativa di una possibile revoca dell'ammissione provvisoria in caso di altre infrazioni. La Corte cantonale ha contestualmente rilevato che ciò ridimensionava le dichiarazioni del ricorrente secondo cui egli aveva paura dell'espulsione ad aveva sempre voluto rimanere in Svizzera. Il ricorrente non censura d'arbitrio con una motivazione conforme alle esigenze dell'art. 106 cpv. 2 LTF questa valutazione. È comunque in modo sostenibile che la Corte cantonale ha considerato il fatto ch'egli abbia recidivato, commettendo una nuova aggressione nonostante fosse consapevole delle conseguenze sulla possibilità di rimanere in Svizzera, quale elemento a sostegno dell'interesse pubblico all'espulsione.
3.4.4. Il ricorrente contesta il rimprovero della CARP di avere avuto un comportamento processuale non collaborativo, per non avere indicato agli inquirenti i nomi delle altre persone coinvolte nell'aggressione. Adduce di non averli indicati siccome non li conosceva. Sostiene inoltre che la Corte cantonale non avrebbe tenuto conto delle sue amicizie con altre persone, instaurate nel corso degli anni. Con queste censure, di natura appellatoria, il ricorrente non sostanzia arbitrio alcuno. Come si è visto, la CARP ha in realtà accertato l'esistenza di legami personali con alcuni giovani ed adulti che si sono dimostrati pronti ad aiutarlo e che attestano una certa integrazione. Quanto alla mancata indicazione dei nominativi delle altre persone coinvolte, il ricorrente non si confronta con il considerando della sentenza impugnata in cui la Corte cantonale ha esposto i motivi per cui, trattandosi di un'aggressione da parte di una banda alla quale egli apparteneva, la sua spiegazione, secondo cui non ne conosceva i membri, non era credibile (cfr. sentenza impugnata, consid. 5.2.c, pag. 18).
3.4.5. Riprendendo testualmente numerosi passaggi della sua presa di posizione del 30 ottobre 2023 alla CARP, il ricorrente sminuisce la rilevanza dell'episodio di cui si è reso protagonista in carcere l'8 settembre 2023, quando ha partecipato ad una lite tra suo fratello ed un altro detenuto e, agendo in preda alla rabbia, ha successivamente sbattuto la finestra della sua cella frantumandone il vetro. Egli si limita ad esporre una propria versione dei fatti, adducendo di non avere partecipato alla rissa, ma di essersi semplicemente avvicinato per chiedere spiegazioni. Non si confronta tuttavia con gli accertamenti contenuti nella sentenza impugnata, fondati su un rapporto di polizia giudiziaria, e non li sostanzia quindi d'arbitrio con una motivazione conforme alle esigenze dell'art. 106 cpv. 2 LTF. Dagli stessi risulta che v'è effettivamente stato un "accenno di rissa", sedato solo grazie all'intervento di terzi. Quanto al ritrovamento di un frammento di vetro sotto il cuscino del ricorrente, la CARP ha considerato "preoccupante" questa circostanza. Ha ritenuto che la spiegazione del ricorrente, secondo cui il frammento poteva essere finito lì casualmente poiché aveva appoggiato la finestra rotta sul letto per liberarla dai cocci di vetro, non era credibile. È invero discutibile che, in assenza di ulteriori riscontri, segnatamente di impronte del ricorrente sul frammento rinvenuto sotto il cuscino, la CARP potesse ritenere inattendibile la sua versione. Essa non appare d'acchito inverosimile ove si consideri che il vetro si è rotto in numerosi frammenti e che la finestra è stata appoggiata sul letto per rimuoverne dei pezzi. La questione non deve tuttavia essere approfondita, giacché la Corte cantonale poteva comunque considerare in modo sostenibile che, intervenendo nella lite con altri detenuti e danneggiando la finestra della sua cella, il ricorrente aveva dato prova anche in carcere di un comportamento rabbioso e violento. Ciò confortava sostenibilmente la conclusione secondo cui il rischio di recidiva rilevato dal perito giudiziario permane ed è di rilievo. Per il resto, il ricorrente si limita ad invocare asseriti miglioramenti attitudinali e imprecisati progetti di vita, ma non si confronta specificamente con il contenuto della perizia giudiziaria e con i preavvisi negativi della Direzione delle strutture carcerarie e della Commissione per l'esame dei condannati pericolosi, considerati dalla Corte cantonale nella sua sentenza e valutati a sostegno dell'interesse pubblico alla sua espulsione.
Alla luce di quanto esposto, il ricorrente non rimette seriamente in discussione la ponderazione degli interessi eseguita dalla Corte cantonale, che ha per finire ritenuto prevalente l'interesse pubblico alla sua espulsione.
4.
4.1. Il ricorrente richiama il considerando n. 5.3 della sentenza impugnata, in cui la CARP ha negato l'esistenza di motivi per una sospensione, giusta l'art. 66d CP, dell'esecuzione dell'espulsione obbligatoria. Sostiene che in concreto l'espulsione non potrebbe essere attuata, siccome l'attuale situazione politica ed economica in Iraq non sarebbe per lui favorevole, vista anche la sua origine etnica curda. Rimprovera alla Corte cantonale di non avere valutato se in Iraq esistono attualmente le condizioni per condurre sin da subito una vita dignitosa.
4.2. Giusta l'art. 66d cpv. 1 CP, l'esecuzione dell'espulsione obbligatoria di cui all'articolo 66a CP può essere sospesa soltanto se: l'interessato è un rifugiato riconosciuto dalla Svizzera che, in seguito all'espulsione, sarebbe minacciato nella vita o nella libertà a motivo della sua razza, della sua religione, della sua cittadinanza, della sua appartenenza a un determinato gruppo sociale o delle sue opinioni politiche; fanno eccezione i rifugiati che, conformemente all'art. 5 cpv. 2 della legge del 26 giugno 1998 sull'asilo (LAsi; RS 142.31), non possono far valere il divieto di respingimento (lett. a); altre norme imperative del diritto internazionale vi si oppongono (lett. b).
4.3. Il ricorrente non fa valere una violazione dell'art. 66d CP, disposizione alla quale nemmeno accenna nel ricorso. Premesso che, come accertato dalla Corte cantonale, lo statuto di rifugiato gli è stato rifiutato in Svizzera, in concreto entrerebbe tutt'al più in linea di conto unicamente l'ipotesi dell'art. 66d cpv. 1 lett. b CP. Come esposto, questa disposizione prevede che l'esecuzione dell'espulsione obbligatoria di cui l'art. 66a CP può essere sospesa soltanto se altre norme imperative del diritto internazionale vi si oppongono. Occorre al riguardo riferirsi all'art. 25 cpv. 3 Cost., secondo cui nessuno può essere rinviato in uno Stato in cui rischia la tortura o un altro genere di trattamento o punizione crudele o inumano. Fa altresì stato l'art. 3 n. 1 della Convenzione del 10 dicembre 1984 contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti (RS 0.105), secondo cui nessuno Stato Parte espelle, respinge né estrada una persona verso un altro Stato qualora vi siano serie ragioni di credere che in tale Stato essa rischia di essere sottoposta a tortura (DTF 149 IV 231 consid. 2.1.5). L'art. 3 CEDU prevede che nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamento inumani o degradanti. Secondo la giurisprudenza della CorteEDU, per valutare l'esistenza di un rischio reale di un trattamento inumano ai sensi dell'art. 3 CEDU, occorre applicare criteri rigorosi. Deve essere determinato se, tenuto conto dell'insieme delle circostanze della causa, sono dati seri e appurati motivi per ritenere che l'interessato, qualora sia rinviato nel suo Paese, incorra in un rischio effettivo di essere sottoposto ad un trattamento contrario all'art. 3 CEDU. Per rientrare nel campo di applicazione di questa disposizione, un maltrattamento deve raggiungere una certa gravità (DTF 149 IV 231 consid. 2.1.5 e riferimenti).
In concreto, il ricorrente non sostiene né rende seriamente ravvisabile ch'egli incorrerebbe in Iraq nel rischio reale di subire la tortura o un altro genere di trattamento inumano. Adduce per contro sostanzialmente che dovrebbero essere esaminate le possibilità di condurre sin da subito una vita dignitosa, vista la mancanza di una rete sociale, la sua etnia curda, la lunga permanenza in Svizzera e la scarsa conoscenza della lingua del suo paese d'origine. Invoca quindi una situazione in generale sfavorevole rispetto alla continuazione della sua permanenza in Svizzera. Ciò è tuttavia insufficiente per riconoscere una sospensione dell'esecuzione dell'espulsione sulla base del principio del non respingimento derivante dal diritto internazionale. Le generiche contestazioni ricorsuali non sostanziano quindi una violazione dell'art. 66d CP.
5.
Laddove il ricorrente sostiene infine che la Corte cantonale avrebbe potuto prescindere alla segnalazione dell'espulsione del SIS, egli si limita a richiamare genericamente il principio della proporzionalità. Non si confronta tuttavia con i considerandi n. 7 e 8 della sentenza impugnata, in cui la Corte cantonale ha trattato la questione della segnalazione, e non sostanzia quindi una violazione del diritto con una motivazione conforme alle esigenze dell'art. 42 cpv. 2 LTF. La censura è inammissibile e non deve perciò essere vagliata oltre.
6.
6.1. Ne segue che il ricorso deve essere respinto nella misura della sua ammissibilità.
6.2. La domanda di assistenza giudiziaria con gratuito patrocinio non può essere accolta, siccome le conclusioni apparivano d'acchito prive di possibilità di successo (art. 64 cpv. 1 LTF). Le spese giudiziarie, il cui ammontare tiene conto della situazione finanziaria del ricorrente (art. 65 LTF), sono pertanto poste a suo carico secondo soccombenza (art. 66 cpv. 1 LTF).
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:
1.
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto.
2.
La domanda di assistenza giudiziaria è respinta.
3.
Le spese giudiziarie di fr. 1'200.-- sono poste a carico del ricorrente.
4.
Comunicazione alla patrocinatrice del ricorrente, al Ministero pubblico e alla Corte di appello e di revisione penale del Cantone Ticino.
Losanna, 7 aprile 2025
In nome della I Corte di diritto penale
del Tribunale federale svizzero
Il Giudice presidente: Muschietti
Il Cancelliere: Gadoni