4A_181/2022 24.01.2024
Bundesgericht
Tribunal fédéral
Tribunale federale
Tribunal federal
4A_181/2022
Sentenza del 24 gennaio 2024
I Corte di diritto civile
Composizione
Giudici federali Kiss, Giudice presidente,
Hohl, Rüedi,
Cancelliere Piatti.
Partecipanti al procedimento
A.________ Sagl,
patrocinata dall'avv. Davide Cerutti,
ricorrente,
contro
B.B.________ e C.B.________,
patrocinati dagli avv.ti Riccardo Schuhmacher e
Stefano Rosli,
opponenti.
Oggetto
arbitrato interno; contratto di appalto,
ricorso contro il lodo finale emanato il 10 marzo 2022 dall'arbitro unico ad hoc con sede in Bellinzona.
Fatti:
A.
B.B.________ e C.B.________ avevano acquistato la particella xxx di Y.________, che in seguito hanno scambiato con l'adiacente particella zzz di pertinenza della A.________ Sagl. Essi hanno poi incaricato, con contratto di appalto del 14 aprile 2007, la menzionata società di costruire sul fondo zzz la loro casa unifamiliare per un prezzo forfettario di fr. 900'000.--, escluse le richieste supplementari ed eventuali altri lavori non menzionati nella descrizione delle opere allegata al contratto. L'abitazione è stata edificata a retro di una costruenda palazzina sul fondo xxx, affinché potesse beneficiare di parcheggi, locali di deposito e utilizzo dell'ascensore per accedervi. Quando B.B.________ e C.B.________ hanno preso possesso dell'abitazione, i lavori di costruzione non erano ancora ultimati e sussistevano numerosi difetti.
L'11 ottobre 2013 i committenti hanno stipulato con l'appaltatrice un accordo per la soluzione transattiva di ogni vertenza legata al predetto contratto, che al punto 10 ha il seguente tenore: " Le parti concordano sin d'ora che per i ritardi nella sistemazione dell'opera viene applicata una penale di CHF 30'000.--. I signori B.________ non avranno diritto ad altri compensi per ritardi e disagi dal contenzioso che le parti risolvono con la presente transazione. Fa eccezione il ritardo nella mancata sistemazione da parte di A.________ Sagl dei difetti e lavori incompiuti nei termini secondo quanto indicato nel punto 4. Per tali ritardi ai signori B.________ verrà riconosciuto un congruo risarcimento. A.________ si assumerà inoltre una partecipazione di CHF 5'000.-- agli onorari e alle spese di rappresentanza legale dei signori B.________. Nel caso di mancata sistemazione da parte di A.________ dei difetti e lavori incompiuti nei termini secondo quanto indicato nel punto 4, A.________ riconoscerà ai signori B.________ il 50% delle spese legali maturate dal momento del ritardo in poi, per prestazioni legate a tale ritardo". Nel punto 4 dell'accordo veniva nominato un arbitratore nel senso dell'art. 189 CPC e la A.________ Sagl si impegnava ad eliminare i difetti e le opere riconosciute incompiute elencate da quest'ultimo. Nel punto 14 le parti avevano previsto che tutte le controversie sarebbero state risolte in via definitiva mediante arbitrato.
Con la perizia d'arbitratore del 20 marzo 2014 prevista dal predetto accordo l'architetto scelto dalle parti ha stabilito l'entità dei difetti e il costo dei lavori per la loro sistemazione.
L'8 aprile 2014 la A.________ Sagl ha trasmesso ai committenti la fattura concernente la liquidazione finale dell'opera.
Con addendum novembre/dicembre 2017 all'accordo dell'11 ottobre 2013 le parti hanno convenuto che questo valesse quale patto d'arbitrato e hanno designato un arbitro unico.
B.
Con petizione 16 marzo 2018 la A.________ Sagl ha chiesto all'arbitro unico di condannare B.B.________ e C.B.________ al pagamento, in via principale, di fr. 273'624.80 e, in via subordinata, di fr. 212'752.30. Con risposta e domanda riconvenzionale del 28 maggio 2018 i convenuti hanno chiesto la reiezione della petizione e la condanna dell'attrice a pagare loro fr. 262'193.35. Con lodo finale del 10 marzo 2022 l'arbitro unico ha parzialmente accolto sia la petizione inoltrata dalla A.________ Sagl sia la domanda riconvenzionale presentata da B.B.________ e C.B.________ e ha condannato quest'ultimi a versare alla prima fr. 81'404.-- e l'attrice a pagare fr. 127'360.-- ai convenuti.
C.
Con ricorso in materia civile del 28 aprile 2022 la A.________ Sagl postula, previo conferimento dell'effetto sospensivo al ricorso, la riforma del lodo nel senso che in parziale accoglimento della petizione i convenuti siano condannati a pagarle fr. 148'261.95 e di essere condannata a versare, in parziale accoglimento della domanda riconvenzionale, fr. 52'860.--. Sostiene che l'arbitro avrebbe violato l'art. 393 lett. e CPC per il mancato riconoscimento di una serie di posizioni esposte nella petizione e per avere concesso diversi risarcimenti chiesti con la domanda riconvenzionale.
B.B.________ e C.B.________ si sono opposti all'emanazione di misure d'urgenza con osservazioni 24 maggio 2022.
La Giudice presidente della Corte adita ha respinto la domanda di conferimento dell'effetto sospensivo con decreto 10 giugno 2022.
Con risposta 13 giugno 2022 B.B.________ e C.B.________ propongono la reiezione del ricorso in quanto ammissibile.
Diritto:
1.
Il Tribunale arbitrale e le parti hanno la loro sede rispettivamente il domicilio in Svizzera e non sussiste alcuna esplicita dichiarazione con cui le parti hanno escluso l'applicazione delle disposizioni sull'arbitrato del CPC e convenuto l'applicazione delle disposizioni del capitolo 12 LDIP o previsto la possibilità di impugnare il lodo innanzi al tribunale cantonale competente secondo l'articolo 356 cpv. 1 CPC. Il lodo dell'arbitro unico è pertanto suscettivo di un ricorso in materia civile nel senso dell'art. 389 CPC.
Giusta l'art. 77 cpv. 2 LTF nella giurisdizione arbitrale il Tribunale federale non può decidere esso stesso la causa, ma può unicamente annullare il lodo e ritornare la causa al tribunale arbitrale in caso di accoglimento del ricorso, ragione per cui le richieste riformative della ricorrente sono inammissibili. Non le nuoce tuttavia di avere omesso di chiedere il rinvio della causa, essendo questo l'unica possibile conseguenza nel caso di un accoglimento del ricorso (sentenza 4A_374/2011 del 1° settembre 2011 consid. 1).
2.
La procedura di ricorso in materia di arbitrati interni è retta dalla LTF, fatte salve le disposizioni contrarie del primo capitolo del settimo titolo della terza parte del CPC (art. 389 cpv. 2 CPC). L'art. 77 cpv. 2 LTF dichiara inapplicabili diverse disposizioni di questa legge e in particolare gli articoli da 95 a 98 relativi ai motivi di ricorso e l'art. 105 cpv. 2 che permette - a determinate condizioni - di rettificare o completare l'accertamento dei fatti dell'autorità inferiore.
La contestazione di un lodo emanato nella giurisdizione arbitrale interna si differenzia - in parte - dalle regole vigenti in materia d'impugnazione di sentenze statali. Costituiscono motivi di ricorso solo quelli elencati nell'art. 393 CPC o, se le parti hanno convenuto di sottomettersi alle regole sugli arbitrati internazionali (art. 353 cpv. 2 CPC), nell'art. 190 LDIP. Il ricorrente non può per contro prevalersi di una violazione del diritto federale non annoverata in tali articoli.
Il Tribunale federale esamina soltanto le censure che il ricorrente propone e motiva (art. 77 cpv. 3 LTF). Questa norma corrisponde a quanto previsto dall'art. 106 cpv. 2 LTF per le censure attinenti alla violazione di diritti fondamentali o di disposizioni di diritto cantonale e intercantonale (DTF 134 III 186 consid. 5). Alla stregua di tale disposto essa istituisce il principio dell'allegazione (Rügeprinzip) ed esclude quindi l'ammissibilità di critiche appellatorie (sentenza 4A_402/2018 dell'11 marzo 2019 consid. 1).
3.
Giusta l'art. 393 lett. e CPC la sentenza emanata in un arbitrato interno può essere impugnata se è arbitraria nel suo esito perché si fonda su accertamenti di fatto palesemente in contrasto con gli atti o su una manifesta violazione del diritto o dell'equità.
Un accertamento di fatto è unicamente arbitrario ai sensi dell'art. 393 lett. e CPC nel caso in cui il tribunale arbitrale, in seguito a un'inavvertenza, si è posto in contraddizione con gli atti dell'incartamento, sia perdendo di vista certi passaggi di un determinato atto o attribuendo loro un contenuto diverso da quello che hanno realmente, sia ammettendo per errore che un fatto è dimostrato da un atto, quando questo in realtà non dà invece alcun ragguaglio in materia. L'oggetto della censura di arbitrio è quindi ridotto e non concerne l'apprezzamento delle prove e le conclusioni derivatene, ma riguarda unicamente le constatazioni di fatto manifestamente confutate da atti dell'incartamento. In materia di arbitrato il modo in cui il Tribunale arbitrale ha esercitato il proprio potere di apprezzamento non può essere oggetto di ricorso: la censura di arbitrio è limitata agli accertamenti che non dipendono da una valutazione e cioè a quelli che sono inconciliabili con gli atti della causa (DTF 131 I 45 consid. 3.6 e 3.7 ancora confermati nella sentenza 4A_349/2023 del 13 dicembre 2023 consid. 7.1).
Nella misura in cui concerne una manifesta violazione del diritto, la nozione di arbitrio di questa norma corrisponde invece sostanzialmente a quella sviluppata dalla giurisprudenza con riferimento all'art. 9 Cost. (sentenza 5A_978/2015 del 17 febbraio 2016 consid. 3; DTF 131 I 45 consid. 3.4). Per diritto si intende solo il diritto materiale (DTF 142 III 284 consid. 3.2), ad esclusione del diritto di procedura.
4.
La ricorrente dedica la prima parte dell'impugnativa alla petizione e afferma che l'arbitro avrebbe respinto arbitrariamente una serie di sue pretese.
4.1. L'arbitro non ha riconosciuto le seguenti pretese attorie ancora litigiose. La prima attiene a fr. 22'200.-- per una ringhiera a confine, che il lodo ha ritenuto essere stata direttamente pagata dai committenti all'impresa terza che l'ha posata. L'arbitro ha poi disatteso quelle concernenti la bucalettere e lo "zoccolo lavatrice", perché l'appaltatrice è rimasta silente su queste posizioni nelle conclusioni e non ha fornito le necessarie prove. Non ha poi concesso l'importo di fr. 36'505.50 riferito alla sistemazione della parte superiore della particella, perché l'attrice non ha contestato la versione dei committenti (che hanno pure prodotto l'attestazione di un prelievo bancario) secondo cui tale somma, ridotta di comune accordo a fr. 30'000.--, era già stata pagata. Non ha infine attribuito il risarcimento chiesto per i dadi sconnessi dal transito di un'automobile sulla rampa di accesso al garage della palazzina avvenuto poco dopo la loro posa, perché ha considerato che l'esistenza di un danno attuale non era stata provata, poiché l'attrice non aveva provveduto ad effettuare i lavori di riparazione, limitandosi a produrre un preventivo in cui sono stati stimati i prevedibili costi di risanamento (perizia a futura memoria ordinata dalla Pretura di Bellinzona nel 2017).
4.2.
4.2.1. La ricorrente sostiene che l'arbitro sarebbe caduto nell'arbitrio perché non le ha accordato quanto domandato per l'allestimento di una ringhiera a confine né gli importi chiesti per la bucalettere (fr. 400.--) e per lo "zoccolo lavatrice" (fr. 850.--). Afferma che la perizia giudiziaria avrebbe confermato che essa ha realizzato la ringhiera come indicato nella liquidazione finale, mentre l'arbitro, senza spiegazione alcuna, ha considerato che i committenti l'avrebbero pagata direttamente ad un'altra impresa. Nega poi di essersi disinteressata delle altre due posizioni nelle conclusioni.
In concreto il ricorso si rivela di primo acchito inammissibile su questi punti, poiché la ricorrente nemmeno indica dove nella perizia il perito avrebbe confermato quanto da lei preteso e dove, nelle conclusioni, essa si sarebbe occupata della bucalettere e dello zoccolo per la lavatrice.
4.2.2. La ricorrente rimprovera pure arbitrio all'arbitro per non avere riconosciuto l'importo di fr. 36'505.50 per la sistemazione della "particella parte superiore", nonostante il fatto che essa avrebbe sempre chiesto tale somma e non avrebbe mai accettato la proposta di effettuare il lavoro per un prezzo ridotto. Afferma che in ogni caso dovrebbero esserle attribuiti almeno fr. 30'000.--.
Ora, la predetta argomentazione ignora che l'arbitro ha rimproverato alla ricorrente l'omessa contestazione dell'affermazione dei committenti di aver già pagato la somma ridotta di comune accordo. Tale accertamento non risulta essere in contrasto con gli atti. Infatti la pagina 16 delle conclusioni, a cui rimanda il ricorso, menziona solo "l'importo complessivo da liquidazione" con un rinvio al documento F (riferito alla liquidazione finale), ma non si esprime sulla riduzione della pretesa e sul suo pagamento. La censura va pertanto respinta.
4.2.3. La ricorrente sostiene infine che l'arbitro sarebbe caduto nell'arbitrio per avere equiparato una prova a futura memoria a un semplice preventivo, quando non ha riconosciuto alcun risarcimento per il distacco dei dadi imputato allo sconsiderato transito dell'automobile dei convenuti sulla rampa di accesso al garage della palazzina.
Con tale critica la ricorrente si limita ad estrapolare una parte della motivazione del lodo, omettendo di contestare la considerazione dell'arbitro attinente alla necessità di effettuare i lavori di ripristino per provare l'esistenza di un danno attuale. La censura si rivela inammissibile in seguito alla sua carente motivazione.
5.
La ricorrente contesta poi una serie di importi attribuiti agli opponenti in parziale accoglimento della domanda riconvenzionale.
5.1.
5.1.1. Interpretando il punto 10 dell'accordo per una soluzione transattiva dell'11 ottobre 2013 (v. per il tenore della clausola, sopra consid. A), l'arbitro ha riconosciuto ai committenti fr. 30'000.--, perché la penale era riferita ai ritardi nella sistemazione dell'opera verificatasi prima dell'allestimento della perizia di arbitratore.
5.1.2. Secondo la ricorrente la predetta penale concerneva invece eventuali ritardi nella sistemazione dell'opera posteriori alla perizia di arbitratore, perché, se fosse stato altrimenti, l'accordo lo avrebbe specificato. Essa non sarebbe dovuta, perché gli opponenti le avrebbero impedito di rimediare ai difetti riscontrati dall'arbitratore.
5.1.3. Ora, con la predetta argomentazione la ricorrente si limita a proporre una propria interpretazione dell'accordo transattivo senza nemmeno tentare di far apparire insostenibile quella contenuta nel lodo. Anche questa censura si rivela inammissibile.
5.2.
5.2.1. Con riferimento alla partecipazione del 50 % alle spese legali, pure prevista al predetto punto dall'accordo dell'11 ottobre 2013 e dovuta in caso di ritardo nella sistemazione di quanto menzionato al punto 4, ha reputato che la responsabilità per la lentezza nell'eseguire i lavori o la loro omissione doveva essere attribuita ad entrambe parti, che "si sono accanite l'una contro l'altra". Ha quindi riconosciuto ai committenti solo un quarto invece della metà dei costi delle prestazioni legali relative ai ritardi e da loro elencate alla voce "lavoro".
Ha pure ritenuto che gli opponenti avevano diritto a un indennizzo per le spese preprocessuali e ha quantificato tale indennità al 10 % delle pretese accolte, ritenendo che egli "non abbia a spulciare l'elenco di prestazioni contenute nel doc. 43".
5.2.2. La ricorrente afferma di non aver potuto effettuare i lavori di sistemazione e che per tale motivo non sussistono termini che non avrebbe rispettato. Le responsabilità per la menzionata impossibilità avrebbero inoltre dovuto essere chiarite, non essendovi margine per una sentenza in equità. Per quanto concerne le spese preprocessuali, rimprovera all'arbitro di avere colmato in violazione dell'art. 55 CPC una lacuna allegatoria.
5.2.3. Con la predetta critica, peraltro appellatoria, la ricorrente pare non avvedersi che l'arbitro le ha implicitamente attribuito la metà della responsabilità per la mancata esecuzione dei lavori. Nella misura in cui si lamenta poi del risarcimento concesso per le spese preprocessuali, la ricorrente si prevale inammissibilmente di una violazione del diritto procedurale e misconosce che la quantificazione del danno in base alle pretese accolte concerne la prova del suo ammontare e non la sua allegazione.
5.3.
5.3.1. Confrontato con una richiesta di risarcimento di fr. 10'000.-- per due periodi, dal 2009 al 2013 il primo, e dal 30 gennaio 2015 al 6 agosto 2016 il secondo, in cui gli opponenti non hanno potuto utilizzare l'ascensore situato nell'adiacente palazzina per raggiungere la loro abitazione, l'arbitro ha ritenuto che solo il secondo periodo era imputabile alla ricorrente e ha quindi fissato il risarcimento in fr. 3'000.--.
5.3.2. La ricorrente ritiene che l'arbitro, quantificando il risarcimento come richiesto in base all'art. 42 cpv. 2 CO, avrebbe violato in modo arbitrario tale norma, perché gli opponenti non avrebbero allegato né provato le circostanze idonee a determinare il danno.
5.3.3. La ricorrente nemmeno afferma che gli opponenti non si trovassero in uno stato di necessità probatorio né indica quali elementi avrebbero dovuto essere da loro apportati. Con la sua critica appellatoria, essa pare dimenticare le severe esigenze di motivazione di un ricorso in materia di arbitrato e che un'applicazione generosa di una norma non configura ancora arbitrio.
5.4.
5.4.1. Basandosi sulla perizia fatta allestire nella procedura arbitrale, l'arbitro ha rilevato l'impossibilità di utilizzare la servitù di passo veicolare di cui beneficia il fondo dei committenti, segnatamente a causa della costruzione di un muro di contenimento sull'adiacente fondo serviente. In applicazione analogica dell'art. 736 cpv. 2 CC (norma che permette il riscatto di una servitù se vi è ancora un interesse lieve per il fondo dominante), egli ha concesso un risarcimento di fr. 12'500.-- agli opponenti per il minor valore del loro fondo risultante dall'impraticabilità della servitù con veicoli, senza però provvedere alla sua cancellazione in assenza di una richiesta in tal senso.
5.4.2. Sempre lamentando arbitrio, la ricorrente rileva che l'arbitro ha confuso i numeri delle particelle. Afferma di non essere la proprietaria del fondo serviente, perché questo è costituito in proprietà per piani, e che il perito ha accertato che la disponibilità dell'ascensore e della passerella di collegamento sostituisce e migliora l'accesso pedonale rispetto alla servitù. Ciò escluderebbe la possibilità di un indennizzo. Sostiene che gli opponenti sarebbero pure in malafede perché, quali confinanti, hanno ricevuto la domanda edilizia e visto i muri di contenimento, senza essersi mai lamentati di un ostacolo per l'esercizio della servitù.
5.4.3. In concreto la ricorrente ha ragione quando sostiene che l'arbitro ha scambiato il numero di particella del fondo serviente con quello del fondo dominante. Tale svista non ha però avuto alcuna conseguenza sull'esito dalla sentenza impugnata, concernendo unicamente la denominazione dei fondi. Quando afferma poi di non più essere la proprietaria del fondo serviente o che gli opponenti non si erano lamentati della costruzione delle opere di contenimento nella procedura di rilascio della licenza edilizia, la ricorrente completa inammissibilmente i fatti contenuti nel lodo. Inconferente è poi l'asserzione che l'accesso pedonale sarebbe stato migliorato, atteso che l'indennità concerne la perdita della possibilità di transitare con veicoli. Anche questa censura, che è in larga misura inammissibile, va disattesa.
5.5.
5.5.1. L'arbitro ha infine attribuito agli opponenti fr. 5'000.-- a titolo di congruo risarcimento, menzionato dal punto 10 dell'accordo dell'11 ottobre 2013, per il ritardo nella sistemazione dei difetti e dei lavori incompiuti che sarebbero poi stati elencati dall'arbitratore. Ha ritenuto pacifico che l'attrice abbia ritardato e omesso di riparare tutti i difetti con un rifiuto confermato da un teste. Reputando sproporzionata la richiesta dei committenti di fr. 35'000.--, l'arbitro l'ha ridotta "de bono et aequo" a fr. 5'000.--, riferendosi all'importo di fr. 7'000.-- fatturato dall'architetto che si era occupato della direzione dei lavori degli artigiani a cui sono stati affidati i lavori non realizzati dall'attrice.
5.5.2. La ricorrente assevera che gli opponenti non hanno diritto al predetto risarcimento, perché le hanno impedito di sistemare i difetti, e che la conclusione contraria stride con quanto constatato dallo stesso arbitro quando ha statuito sulla partecipazione alle spese legali (sopra, consid. 5.2.1). Sostiene pure che la decisione ex aequo et bono non sarebbe stata coperta dalla clausola compromissoria.
5.5.3. Quando rimette in discussione la propria responsabilità per la mancata sistemazione dei difetti e dei lavori incompiuti, constatata mediante una deposizione testimoniale, la ricorrente pare ancora una volta dimenticare il ridotto oggetto di una censura contro gli accertamenti di fatto contenuti in un lodo. Non è nemmeno possibile intravvedere una contraddizione nel lodo, atteso che l'ndennizzo in discussione concerne unicamente ritardi che erano imputabili alla ricorrente. Occorre infine osservare che il diritto a "un congruo risarcimento" era esplicitamente previsto nell'accordo per una soluzione transattiva. Sebbene sia esatto che l'arbitro, pur basandosi sull'estensione della direzione lavori, affermi di avere stabilito il suo ammontare " de bono et aequo ", la ricorrente nemmeno pretende che l'importo concesso sarebbe in quanto tale insostenibile, ragione per cui anche questa censura va disattesa.
6.
Da quanto precede discende che il ricorso, nella ridotta misura in cui risulta ammissibile, si palesa infondato e come tale va respinto. Le spese giudiziarie e le ripetibili seguono la soccombenza (art. 66 cpv. 1 e 68 cpv. 2 LTF).
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:
1.
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto.
2.
Le spese giudiziarie di fr. 5'500.-- sono poste a carico della ricorrente.
3.
La ricorrente verserà agli opponenti la somma di fr. 6'500.-- a titolo di ripetibili per la procedura innanzi al Tribunale federale.
4.
Comunicazione ai patrocinatori delle parti e all'arbitro unico ad hoc con sede in Bellinzona.
Losanna, 24 gennaio 2024
In nome della I Corte di diritto civile
del Tribunale federale svizzero
La Giudice presidente: Kiss
Il Cancelliere: Piatti