6B_1490/2022 01.07.2024
Bundesgericht
Tribunal fédéral
Tribunale federale
Tribunal federal
6B_1490/2022
Sentenza del 1° luglio 2024
I Corte di diritto penale
Composizione
Giudici federali Jacquemoud-Rossari, Presidente,
Denys, Muschietti,
Cancelliera Ortolano Ribordy.
Partecipanti al procedimento
A.________,
patrocinato dall'avv. Luca Marcellini e
dall'avv. Demetra Giovanettina,
ricorrente,
contro
Ministero pubblico della Confederazione, Guisanplatz 1, 3003 Berna,
opponente.
Oggetto
Riciclaggio di denaro, carente diligenza in operazioni finanziarie, attività senza autorizzazione, riconoscimento, abilitazione o registrazione (art. 44 LFINMA); arbitrio,
ricorso contro la sentenza emanata il 20 giugno 2022 dalla Corte di appello del Tribunale penale federale (CA.2021.15).
Fatti:
A.
In seguito a una richiesta di assistenza giudiziaria e di costituzione di una squadra investigativa comune formulata dalla Procura della Repubblica italiana presso il Tribunale di Milano, Direzione Distrettuale Antimafia, il 17 luglio 2015 il Ministero pubblico della Confederazione (MPC) ha aperto un'istruzione penale nei confronti di B.________ per titolo di riciclaggio di denaro. L'istruzione è stata estesa ad altre persone e, in seguito, pure a A.________, inizialmente per titolo di carente diligenza in operazioni finanziarie e diritto di comunicazione e poi anche per titolo di riciclaggio di denaro.
Sulla base di una denuncia penale dell'autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari (FINMA), il 7 maggio 2019 il Servizio giuridico del Dipartimento federale delle finanze (DFF) ha aperto a sua volta un procedimento di diritto penale amministrativo nei confronti di A.________ e di B.________ per sospetta violazione dell'art. 44 della legge sulla vigilanza dei mercati finanziari del 22 giugno 2007 in combinato disposto con l'art. 14 della legge sul riciclaggio di denaro del 10 ottobre 1997. Il 9 maggio 2019 il DFF ha ordinato la riunione del procedimento da esso avviato con l'inchiesta condotta dal MPC, con conseguente trasmissione dell'incarto a quest'ultimo.
Il 10 giugno 2020 il MPC ha emanato un decreto d'accusa nei confronti di B.________, passato in giudicato. Con decreto d'accusa di medesima data, il MPC ha ritenuto A.________ autore colpevole di riciclaggio di denaro, di carente diligenza in operazioni finanziarie, nonché di attività senza autorizzazione, riconoscimento, abilitazione o registrazione, proponendone la condanna alla pena detentiva di 6 mesi, sospesa condizionalmente per un periodo di prova di 3 anni, alla multa di fr. 3'000.--, oltre al pagamento delle spese procedurali. A.________ si è opposto al decreto d'accusa. Con atto d'accusa del 27 gennaio 2021 il MPC lo ha quindi rinviato a giudizio dinanzi al Tribunale penale federale.
B.
Con sentenza del 28 maggio 2021 la Corte penale del Tribunale penale federale ha riconosciuto A.________ autore colpevole di riciclaggio di denaro per uno dei tre capi d'accusa relativi, di carente diligenza in operazioni finanziarie e diritto di comunicazione, nonché di attività senza autorizzazione, riconoscimento, abilitazione o registrazione per tre dei sei capi d'accusa relativi, prosciogliendolo dai restanti capi d'imputazione. Gli ha inflitto una pena pecuniaria di 160 aliquote giornaliere, sospesa condizionalmente per un periodo di prova di 2 anni. Oltre a parte delle spese procedurali, A.________ è stato condannato al pagamento di un risarcimento equivalente a favore della Confederazione pari a fr. 27'304.--, a parziale garanzia del quale è stato mantenuto il sequestro sulla relazione bancaria intestata alla società C.________ SA. Le pretese di indennizzo e di riparazione del torto morale di A.________ sono state accolte limitatamente a fr. 52'000.--. Infine la Corte penale ha ordinato, a copertura delle spese procedurali, la compensazione con l'indennizzo riconosciuto a A.________.
C.
Adita sia dal MPC sia da A.________, con sentenza del 20 giugno 2022 la Corte di appello del Tribunale penale federale ha respinto i relativi appelli e confermato integralmente il giudizio di prima istanza.
D.
A.________ insorge al Tribunale federale con un ricorso in materia penale. Postula, in via principale, il suo proscioglimento da ogni accusa, con conseguente annullamento della pena inflittagli e del risarcimento equivalente pronunciato, il dissequestro della relazione bancaria intestata a C.________ SA, l'addossamento allo Stato dell'integralità delle spese procedurali e il pieno riconoscimento delle richieste di indennizzo per le spese legali dipendenti dalla procedura di prima istanza e di appello. Subordinatamente chiede l'annullamento della sentenza impugnata e il rinvio della causa alla Corte di appello per nuovo giudizio.
Invitati a esprimersi sul gravame, la Corte di appello del Tribunale penale federale rimanda alle pertinenti considerazioni della sua sentenza, che riconferma, e postula la reiezione del ricorso, mentre il MPC, osservando come l'insorgente riproponga gli stessi argomenti addotti in precedenza, chiede che il ricorso sia respinto per quanto ammissibile. Il ricorrente non ha replicato, limitandosi a riconfermare quanto esposto con la sua impugnativa.
Diritto:
1.
Presentato dall'imputato (art. 81 cpv. 1 LTF) e diretto contro una decisione finale (art. 90 LTF) resa in materia penale (art. 78 cpv. 1 LTF) dalla Corte d'appello del Tribunale penale federale (art. 80 cpv. 1 LTF), il ricorso in materia penale è proponibile e di massima ammissibile, in quanto tempestivo (art. 100 cpv. 1 LTF) e inoltrato nelle forme richieste (art. 42 cpv. 1 LTF).
2.
Il Tribunale federale fonda la sua sentenza sui fatti accertati dall'autorità inferiore (art. 105 cpv. 1 LTF). La parte ricorrente che intende scostarsene deve dimostrare che il loro accertamento è stato svolto in modo manifestamente inesatto, ovvero arbitrario, o in violazione del diritto ai sensi dell'art. 95 LTF, spiegando inoltre in che misura l'eliminazione dell'invocato vizio è determinante per l'esito del procedimento (art. 97 cpv. 1 LTF). In caso contrario, esso non tiene conto di uno stato di fatto diverso da quello posto a fondamento della decisione impugnata (DTF 149 II 337 consid. 2.3).
Se rimprovera all'autorità inferiore un accertamento dei fatti manifestamente inesatto, la parte ricorrente deve sollevare la censura e motivarla in modo preciso, come esige l'art. 106 cpv. 2 LTF. In quest'ottica, argomentazioni vaghe o meramente appellatorie e semplici rinvii agli atti cantonali non sono ammissibili (DTF 148 IV 409 consid. 2.2).
Per costante giurisprudenza, l'arbitrio non si realizza già qualora la soluzione proposta con il ricorso possa apparire sostenibile o addirittura preferibile a quella contestata; il Tribunale federale annulla la pronuncia criticata solo se il giudice del merito ha emanato un giudizio che appare - e ciò non solo nella motivazione bensì anche nell'esito - manifestamente insostenibile, in aperto contrasto con la situazione reale, gravemente lesivo di una norma o di un principio giuridico chiaro e indiscusso oppure in contraddizione urtante con il sentimento della giustizia e dell'equità (DTF 147 I 241 consid. 6.2.1). Per quanto riguarda in particolare la valutazione delle prove e l'accertamento dei fatti, il giudice - che in questo ambito dispone di un ampio margine di apprezzamento - incorre nell'arbitrio se misconosce manifestamente il senso e la portata di un mezzo di prova, se omette senza valida ragione di tener conto di un elemento di prova importante, suscettibile di modificare l'esito della vertenza, oppure se ammette o nega un fatto ponendosi in aperto contrasto con gli atti di causa o interpretandoli in modo insostenibile (DTF 148 IV 356 consid. 2.1).
3.
In breve il ricorrente è stato riconosciuto colpevole di riciclaggio di denaro per avere, tra luglio 2015 e il 13 novembre 2015, in correità con B.________, occultato o lasciato che venisse occultato, in due cassette di sicurezza site nel locale caveau degli uffici delle società D.________ SA e C.________ SA, di cui l'insorgente era rispettivamente amministratore di fatto e amministratore unico, l'importo di fr. 350'000.-- e quello di fr. 289'000.--, importi facenti parte della somma di fr. 4'250'000.-- precedentemente ricevuta da B.________ e provenienti da attività criminali per le quali E.________ e F.________ sono stati condannati in Italia per associazione di stampo mafioso, associazione per delinquere finalizzata alla commissione di reati tributari, abusiva attività finanziaria, estorsione e usura, nonché E.________ singolarmente per reati di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di rapine e furti, concorso in traffico di sostanze stupefacenti, nonché trasferimento fraudolento e possesso ingiustificato di valori.
3.1. Il coinvolgimento dell'insorgente nel riciclaggio di denaro è stato appurato dall'autorità precedente sulla scorta principalmente delle dichiarazioni rese da B.________. Al riguardo il ricorrente si duole di arbitrio nella relativa valutazione ad opera della Corte di appello, che avrebbe utilizzato una serie di dichiarazioni dell'interessato utili a confermare la tesi accusatoria, omettendo di procedere a una verifica rigorosa della loro credibilità in funzione dei criteri della costanza e univocità, del disinteresse, della credibilità intrinseca nonché dell'esistenza di elementi esterni a supporto delle dichiarazioni. L'insorgente ritiene che un'analisi corretta e scevra di arbitrio avrebbe condotto a ritenere inattendibile la chiamata in correità di B.________.
3.1.1. Ripercorrendo le dichiarazioni rilasciate da B.________ nel corso del procedimento, la Corte di appello ha riconosciuto espressamente che non sono sempre state costanti e univoche, dando tuttavia credito all'ultima versione da lui fornita. Secondo tale versione, il ricorrente avrebbe saputo del denaro depositato nelle cassette di sicurezza, essendo in parte stato riposto insieme con lui, e avrebbe aiutato B.________ a effettuare dei cambi valuta. Per l'autorità precedente B.________, già condannato in via definitiva per i medesimi fatti, non aveva motivo di mentire chiamando in causa l'insorgente. Non ha sminuito il proprio ruolo, non ha nascosto circostanze a lui sfavorevoli né sottaciuto quelle favorevoli al ricorrente. Le sue dichiarazioni trovano peraltro parziale riscontro in quelle dell'insorgente medesimo, in punto all'aiuto da questi fornito nell'effettuare operazioni di cambio valuta. Esaminando la versione del ricorrente sugli stessi fatti, la Corte di appello ha ritenuto le sue dichiarazioni in gran parte prive di ogni logica e in contrasto con le risultanze oggettive agli atti. Egli non è risultato credibile né quando ha sostenuto di aver ritenuto che il denaro raffigurato nelle fotografie, che lo ritraevano da solo o con B.________ in posa con numerose mazzette di banconote, fosse falso, né quando ha preteso di ignorare cosa contenessero le cassette di sicurezza in questione, e neppure quando ha affermato di aver effettuato dei cambi valuta per B.________ per le di lui necessità private.
3.1.2. La mancanza di costanza e univocità delle dichiarazioni di B.________, rilevata abbondantemente nel gravame, non le priva necessariamente di valore probatorio né rende arbitrari i fatti accertati sulla loro base. Secondo la giurisprudenza, infatti, le dichiarazioni di una persona non devono essere scartate unicamente perché appaiono contraddittorie. Spetta al giudice ritenere, senza arbitrio, la versione che considera più convincente e motivare la sua decisione (v. sentenza 6B_598/2014 del 14 novembre 2014 consid. 1.2). La Corte di appello non ha ignorato che la versione di B.________ è mutata nel tempo; gli ha nondimeno creduto quando ha chiamato in causa il ricorrente in relazione all'occultamento del denaro, non avendo egli motivo di mentire. A questo proposito l'insorgente rimprovera l'autorità precedente per non essersi interrogata su un possibile interesse di B.________ a rilasciare determinate dichiarazioni, avuto riguardo soprattutto al nesso temporale tra la sua nuova versione e la conclusione del procedimento penale nei suoi confronti con conseguente dissequestro di parte dei suoi beni, per cui nei mesi precedenti la sua difesa si sarebbe attivata. Con tale argomentazione l'insorgente non sostanzia arbitrio alcuno, limitandosi in sostanza ad abbozzare delle illazioni. Egli non contesta che B.________, chiamando in causa il ricorrente, non ha né sminuito il proprio ruolo né sottaciuto circostanze a lui sfavorevoli, come ritenuto nella sentenza impugnata. L'accennato dissequestro è stato pronunciato contestualmente al decreto d'accusa emanato nei confronti di B.________, conformemente a quanto disposto dall'art. 353 cpv. 1 lett. h CPP. Peraltro, in occasione del dibattimento di appello, e quindi posteriormente al passaggio in giudicato di detto decreto d'accusa e del dissequestro, B.________ ha ribadito l'implicazione del ricorrente nei fatti in giudizio. Non appare quindi arbitrario ritenere che egli non avesse motivo di mentire, tanto più che non è accertato né è preteso nel gravame che avesse motivi di livore nei confronti dell'insorgente. Certo, come obiettato nell'impugnativa, con riferimento alle imputazioni di riciclaggio di denaro connesse all'acquisto di diamanti di cui ai punti 1.1 e 1.2 dell'atto d'accusa, la Corte di appello ha definito le dichiarazioni di B.________ vaghe e contraddittorie e ha prosciolto il ricorrente in applicazione del principio in dubio pro reo. Ciò non le impediva nondimeno di accertare i fatti in relazione all'occultamento di denaro sulla scorta di quanto da lui dichiarato. Nell'ambito della libera valutazione delle prove, sancita dall'art. 10 cpv. 2 CPP, nulla osta a che il giudice si fondi solo su una parte delle dichiarazioni rilasciate da un teste o da una parte globalmente credibile (v. DTF 120 Ia 31 consid. 3, recentemente ribadita, tra le altre, dalla sentenza 6B_938/2023 del 21 marzo 2024 consid. 1.2).
3.1.3. L'insorgente tenta poi di dimostrare che le dichiarazioni di B.________ sarebbero smentite dalle risultanze del procedimento italiano e pertanto sprovviste di credibilità intrinseca, e comunque non supportate da elementi esterni, e quindi prive di forza probatoria. Le relative argomentazioni tuttavia si riducono grosso modo a perorare la personale valutazione delle dichiarazioni dell'interessato. Il ricorrente non riesce a dimostrare che la ritenuta credibilità del chiamante in correità sia in aperto contrasto con gli atti di causa e dunque arbitraria. Così, ad esempio, quando avanza che nessuna traccia a lui riconducibile sarebbe stata accertata sulle banconote o all'interno delle cassette di sicurezza che le contenevano. Sennonché non pretende che siano effettivamente stati eseguiti dei rilievi in tal senso. Così è pure quando adduce che negli atti del procedimento italiano l'insorgente non verrebbe neppure menzionato. Non si scorge però come questa circostanza possa sconfessare le dichiarazioni di B.________, per cui il ricorrente sapeva che il denaro era riconducibile a E.________ e F.________ a cui doveva essere restituito, senza peraltro mai sostenere che l'insorgente fosse concretamente implicato nelle operazioni di restituzione del denaro in Italia.
3.1.4. Le censure si focalizzano sulla valutazione delle dichiarazioni di B.________, ma sorvolano sull'esame di quelle dell'insorgente sugli stessi fatti, definite dalla Corte di appello prive di ogni logica e in contrasto con le risultanze oggettive agli atti. Contrariamente a quanto preteso, l'autorità precedente non ha puntellato le dichiarazioni del primo con la ritenuta non credibilità del ricorrente. Ha piuttosto confrontato le due versioni, rapportandole agli elementi oggettivi agli atti e in particolare alle fotografie che ritraevano il ricorrente, solo o con B.________, in posa con numerose mazzette di banconote da fr. 1'000.--. Da queste fotografie e dai relativi racconti degli interessati, la Corte di appello poteva trarre in modo sostenibile indicazioni sulla rispettiva credibilità. Il ricorrente ha sostenuto, con dichiarazioni incostanti, trattarsi di soldi falsi, mentre B.________ ha affermato che erano autentici e riferito che le fotografie sono state scattate dopo la conta del denaro, denaro che ha poi custodito nella sua abitazione e in seguito trasferito nelle cassette di sicurezza una volta che queste si sono rese disponibili. L'autorità precedente ha rilevato che il denaro delle immagini era suddiviso in mazzette da fr. 1'000.-- tenute con degli elastici e vi era almeno una banconota da euro 500.--, proprio come quello rinvenuto nelle cassette di sicurezza n. 13 e 17. Nelle fotografie alcune mazzette erano aperte, ciò che conduce a pensare che in quell'occasione il denaro sia stato davvero contato, come raccontato da B.________. Trattasi di considerazioni sostenibili e condivisibili. Il ricorrente cavilla su alcuni dettagli delle stesse, in particolare su chi abbia contato i soldi, aspetto ininfluente per l'esito del giudizio, e sulle banconote ritrovate nelle cassette di sicurezza. È vero che in queste ultime non vi erano biglietti da euro 500.--, come risulta d'altronde dalla stessa sentenza impugnata in riferimento agli esiti della perquisizione; allorquando la Corte di appello osserva che il denaro delle fotografie corrisponde con quanto trovato nelle cassette di sicurezza, essa si riferisce manifestamente alle mazzette di banconote da fr. 1'000.--, rilegate con elastici.
3.1.5. L'autorità precedente ha inoltre rilevato che le dichiarazioni di B.________, secondo cui il ricorrente lo ha aiutato a effettuare operazioni di cambio valuta per la restituzione in Italia, trovavano parziale riscontro in quelle dell'insorgente medesimo, che ha riconosciuto aver qualche volta cambiato del denaro per le necessità private di B.________. Essa però non ha creduto al ricorrente su quest'ultimo punto, dal momento che B.________ non avrebbe necessitato di un aiuto se non in presenza di grandi importi.
Anche su questo tema l'insorgente si duole di arbitrio a causa del credito attribuito dalla Corte di appello alle inattendibili dichiarazioni di B.________, ignorandone l'incostanza e la mutevolezza nel tempo e procedendo anche a delle forzature delle stesse, dal momento che questi non avrebbe menzionato cambi valuta per grandi importi. Non si capirebbe inoltre, né l'autorità precedente la illustrerebbe, la natura dell'aiuto fornito dal ricorrente e la ragione della sua idoneità a fornirlo. Secondo l'insorgente, l'unica cosa certa in merito ai cambi valuta risulterebbe da quanto da lui stesso riferito, ovvero di avere effettuato occasionalmente dei cambi valuta per importi modesti per conto di B.________ e per le sue necessità correnti. Del resto, a comprova di ciò, le verifiche effettuate presso i cambisti avrebbero coinvolto unicamente B.________ e non vi sarebbe traccia di una presenza o attività del ricorrente.
Sui mutamenti di versione già si è detto (v. supra consid. 3.1.2). Per il resto, non si scorge nulla di insostenibile nel ritenere che le dichiarazioni di B.________ trovino riscontro in quelle dell'insorgente, che ha riconosciuto di aver effettuato dei cambi valuta per il primo, le censure in proposito rivestendo inoltre carattere appellatorio. Precisato che il cambio valuta non è un comportamento imputato a titolo di atto di riciclaggio di denaro, la Corte di appello non ha stabilito che l'insorgente abbia proceduto a cambi valuta di grandi importi, né ha preteso che B.________ si sia espresso in tal senso. Ha semplicemente negato, ancorché in modo assai succinto, che il ricorrente potesse credere che il cambio valuta da lui effettuato fosse destinato alle necessità personali di B.________, considerando implicitamente che, se ciò fosse stato il caso, se ne sarebbe occupato lui personalmente.
3.1.6. La valutazione della chiamata in correità e la forza probatoria riconosciutale dalla Corte di appello non risulta, per i motivi esposti, insostenibile.
3.2. Malgrado il ricorrente abbia sostenuto di ignorare che il denaro fosse depositato nelle cassette di sicurezza dell'ufficio, la Corte di appello non gli ha creduto, essendo inverosimile che non abbia notato l'andirivieni di B.________ dal suo ufficio alla cassaforte. Ha poi osservato che l'atto costitutivo della società C.________ SA è stato rinvenuto all'interno di una delle due cassette di sicurezza contenenti il denaro, circostanza di cui B.________, suo amico e dipendente, difficilmente lo avrebbe tenuto all'oscuro.
3.2.1. L'insorgente lamenta arbitrio anche in relazione a questo accertamento. Evidenzia come, in punto alla sua consapevolezza sul luogo in cui sarebbe stato conservato l'atto costitutivo della menzionata società, le dichiarazioni di B.________ sarebbero state altalenanti. La Corte di appello estrapolerebbe inoltre una frase di B.________ in merito all'andirivieni, decontestualizzandola e mostrando così di considerare essa stessa non credibile la chiamata di correo. In ogni caso, l'addotto andirivieni sarebbe irrilevante per concludere che il ricorrente fosse consapevole della presenza dei soldi nel caveau, atteso che B.________ avrebbe ammesso di recarvisi anche per accedere ad altre cassette di sicurezza. Rileva infine che l'armadietto con le chiavi delle cassette di sicurezza si sarebbe trovato nell'ufficio di B.________, circostanza negletta dall'autorità precedente. La ritenuta sua consapevolezza si fonderebbe dunque su elementi che, considerati senza arbitrio, sarebbero irrilevanti per accertarla.
3.2.2. Alla Corte di appello non sono sfuggiti i tentennamenti di B.________ nel riferire se il ricorrente sapesse in quale cassetta di sicurezza avesse riposto l'atto costitutivo della società. Infatti, non è sulla scorta delle sue dichiarazioni, bensì a seguito della considerazione che B.________, amico e dipendente dell'insorgente, difficilmente lo avrebbe tenuto all'oscuro, che l'autorità precedente ha ritenuto che l'insorgente ne fosse al corrente. Appare dunque sterile lo sforzo ricorsuale di ripercorrere tutte le dichiarazioni di B.________ in merito per dimostrarne l'inattendibilità. In punto all'andirivieni, la frase pretesamente estrapolata dalla Corte di appello costituisce semplicemente la sintesi del racconto di B.________, di cui uno stralcio è riportato anche nel gravame. L'autorità precedente non ne denatura né il senso né la portata. Presa a sé stante essa potrebbe non ancora fondare il convincimento sulla consapevolezza della presenza del denaro nelle cassette di sicurezza, atteso che risulta come il ricorrente e B.________ avessero in uso altre cassette di sicurezza nel medesimo caveau. Non appare tuttavia, né è preteso, che l'andirivieni potesse passare inosservato alla luce della normale attività commerciale e dell'usuale utilizzo del caveau. Emerge poi che B.________ era l'unico detentore delle chiavi delle cassette n. 13 e 17, non rinvenute in occasione della perquisizione. La Corte di appello non ha dato credito all'insorgente quando ha preteso di non essersi accorto delle chiavi mancanti, in quanto altre chiavi sarebbero state collocate al loro posto nell'armadietto a loro destinato, perché nulla del genere è stato menzionato nel verbale di perquisizione. Invano il ricorrente obietta che tale armadietto era collocato nell'ufficio di B.________. Al riguardo, non nega infatti di avervi comunque avuto accesso, avendo egli stesso peraltro dichiarato di avere avuto in uso altre cassette di sicurezza nella stessa cassaforte.
3.3. La Corte di appello ha stabilito anche la consapevolezza dell'insorgente in merito all'origine criminosa del denaro custodito nelle cassette di sicurezza e oggetto di alcune operazioni di cambio valuta da parte del ricorrente.
Il ricorrente contesta tale accertamento, in quanto frutto di deduzioni arbitrarie. Non sarebbe infatti possibile dedurre dalla circostanza di aver ritenuto autentico il denaro immortalato nelle fotografie che egli fosse informato della sua origine criminosa, né desumere dal suo contributo nelle operazioni di cambio valuta che sapesse che le banconote di cui alle fotografie fossero depositate nelle cassette di sicurezza dell'ufficio, come in concreto esperito dall'autorità precedente. La consapevolezza della presenza dei soldi nelle cassette di sicurezza, come pure dell'identità del denaro in queste rinvenuto con quello delle fotografie e della loro origine, potrebbe essere dedotta unicamente dalla chiamata di correo, che sarebbe però inattendibile.
Riguardo all'accertamento circa il grado di consapevolezza dell'insorgente, l'argomentazione avanzata dalla Corte di appello appare invero sommaria. Il passaggio della sentenza impugnata relativo alla consapevolezza dell'insorgente dev'essere però letto alla luce dei considerandi che lo precedono, a cui del resto è fatto esplicito richiamo, e da cui sono tratte le deduzioni contestate. Ciò che l'autorità precedente ritiene è in altre parole quanto segue. Poiché il ricorrente sapeva che il denaro con cui ha posato per le fotografie era autentico, a fronte di un cotanto quantitativo di banconote (di grosso taglio, aggiungasi), che avrebbe dovuto insospettirlo, non è credibile che non abbia chiesto lumi a B.________ in merito alla sua provenienza, tanto più che egli stesso lo ha definito "birichino". B.________ ha d'altronde dichiarato di averlo informato in proposito e, secondo la Corte di appello, non vi è motivo che mentisse al riguardo. Orbene, essendo la valutazione delle dichiarazioni di B.________ sostenibile (v. supra consid. 3.1), l'accertamento della consapevolezza del ricorrente circa l'origine criminosa del denaro di cui alle fotografie non risulta arbitrario. Quanto alla sua consapevolezza sull'identità del denaro con cui è stato ritratto nelle fotografie, e di cui gli era nota l'origine criminosa, e quello rinvenuto nelle cassette di sicurezza, il relativo accertamento risulta invece difficoltoso. Certo, l'autorità precedente ha stabilito che l'insorgente sapeva della presenza di denaro nelle cassette di sicurezza (v. supra consid. 3.2) e stabilito altresì trattarsi del medesimo denaro di cui alle fotografie. Ma è solo sulla scorta di un ragionamento claudicante, e pertanto insostenibile, che giunge alla conclusione che l'insorgente sapesse che si trattava delle stesse banconote. Dalla sentenza impugnata risulta che le fotografie, risalenti a maggio 2015, sono state scattate nel vecchio ufficio, mentre le cassette di sicurezza in cui è stato rinvenuto il denaro durante la perquisizione del novembre 2015 si trovano nei nuovi locali. Secondo le dichiarazioni di B.________, riportate dalla Corte di appello, nel periodo susseguente alle fotografie egli ha detenuto il denaro nella propria abitazione e poi, una volta disponibili le cassette di sicurezza nei nuovi locali, ve lo ha riposto, senza peraltro riuscire a indicarne il momento. Nonostante egli abbia affermato che il denaro sia stato depositato nelle cassette di sicurezza insieme al ricorrente, l'autorità precedente sembra non avergli creduto su questo punto, non fondandosi sulle relative dichiarazioni, ma richiamandosi alle operazioni di cambio che l'insorgente ha effettuato per conto di B.________. Sennonché, ricordato che tali operazioni non sono oggetto di imputazione, come obiettato nel gravame, nulla è però accertato in merito alla loro temporalità, in altre parole se abbiano avuto luogo prima o dopo il deposito del denaro nelle cassette di sicurezza site nei nuovi locali. In simili circostanze, l'accertamento della consapevolezza del ricorrente dell'origine criminosa del denaro custodito da B.________ nelle cassette di sicurezza risulta arbitrario e la condanna per titolo di riciclaggio di denaro dev'essere annullata già per questo motivo.
3.4. L'annullamento della condanna fondata sull'art. 305 bis CP si giustifica altresì per la seguente ragione.
3.4.1. La Corte di appello ha accertato l'origine criminosa del denaro custodito nelle cassette di sicurezza sulla scorta delle dichiarazioni, definite costanti e credibili, di B.________, secondo cui il denaro è parte della somma di fr. 4'250'000.-- ricevuta da suo padre e da F.________. Essa ha poi richiamato una serie di decisioni italiane prolate tra il 1998 e il 2017 che hanno appurato la commissione di numerosi reati, tra cui furti, rapine, estorsioni, usura e organizzazione criminale, costituenti dei crimini per il diritto svizzero, e quindi dei reati a monte ai sensi dell'art. 305 bis n. 1 CP.
Secondo il ricorrente, sarebbe incontestabile l'origine criminosa del denaro. Egli evidenzia tuttavia l'assenza di qualsiasi indicazione e accertamento che permettano di ricondurre il denaro a una fattispecie concreta o a un periodo concreto. B.________ avrebbe affermato di aver ricevuto l'importo a fine 2013, detenuto precedentemente dal padre, senza che sia dato di sapere per quanto tempo. Tenuto conto della lunga storia criminale di E.________ e di F.________, ai quali è riconducibile il denaro, non sarebbe possibile escludere che la somma affidata a B.________ sia frutto di attività criminose potenzialmente vecchie di decenni. La problematica della datazione del provento del crimine a monte, irrisolta dall'autorità precedente, escluderebbe a priori il riciclaggio di denaro. Non sarebbe infatti possibile escludere che i crimini pregressi, da cui trarrebbe origine la somma in questione, siano prescritti e con essi la connessa pretesa confiscatoria.
3.4.2. Si rammenta che, secondo la giurisprudenza, solo i valori patrimoniali confiscabili possono essere oggetto di riciclaggio di denaro. L'applicazione dell'art. 305 bis CP implica dunque che il reato a monte non sia prescritto al momento della commissione dell'atto vanificatorio. Non è infatti possibile vanificare una confisca se non esiste più la relativa pretesa, in quanto prescritta (DTF 145 IV 335 consid. 3.2 e 3.3). Nel caso in cui il reato a monte sia stato perpetrato all'estero, in assenza di un'autonoma pretesa confiscatoria svizzera la punibilità del riciclaggio di denaro presuppone che, al momento della commissione dei presunti atti riciclatori, una confisca sarebbe concepibile secondo il pertinente diritto estero. In caso contrario, l'amministrazione della giustizia estera non disporrebbe di alcun interesse alla confisca giuridicamente protetto dall'art. 305 bis CP (DTF 145 IV 335 consid. 4.4). Quando i valori patrimoniali oggetto di una possibile confisca provengono da un reato commesso all'estero, il termine di prescrizione della pretesa confiscatoria si determina sulla scorta del diritto del luogo in cui tale reato è stato perpetrato (DTF 126 IV 255 consid. 3b/bb e 4c).
3.4.3. Chinandosi sull'obiezione della difesa in merito all'eventuale prescrizione della pretesa confiscatoria, la Corte di appello ha rilevato che i reati a monte sono stati commessi in Italia e ha per conseguenza ritenuto applicabile il diritto italiano alla tematica del termine di prescrizione di detta pretesa. Si è poi limitata a richiamare una sentenza del 27 novembre 2018 della Corte d'assise d'appello di Milano, in base alla quale l'intervenuta estinzione del reato per prescrizione non preclude al giudice dell'impugnazione la possibilità di disporre la misura patrimoniale della confisca ove l'accertamento relativo alla sussistenza del reato, alla responsabilità penale dell'imputato e alla qualificazione del bene da confiscare come illecito profitto sia rimasto inalterato anche nel successivo grado di giudizio.
Il ricorrente sostiene a ragione che tale richiamo non permetta di liquidare la questione della confiscabilità del denaro occultato nelle cassette di sicurezza. Al riguardo, la Corte di appello riprende semplicemente quanto riportato in una sentenza di appello italiana, senza minimamente spiegarne la pertinenza per il caso di specie. A ciò si aggiunga il fatto che la decisione d'appello italiana, a cui si richiama l'istanza precedente, è stata successivamente annullata con sentenza del 15 ottobre 2020 della Quinta sezione penale della Corte Suprema di Cassazione italiana (Cass. pen., Sez. V, sentenza n. 52 del 15 ottobre 2020, sez. 1386/2020, R.G.N. 14903/2019, "sentenza Cipriani"). Ne segue che l'autorità precedente si fonda unicamente su di una pronuncia superata e non fornisce al riguardo alcun elemento utile per determinare concretamente se i valori patrimoniali oggetto delle imputazioni fossero confiscabili al momento delle condotte vanificatorie rimproverate in Svizzera, ciò che impedisce a questo Tribunale di verificare se la condanna pronunciata nei confronti dell'insorgente consegua da una corretta applicazione dell'art. 305 bis CP.
3.5. La condanna del ricorrente per titolo di riciclaggio di denaro viola il diritto e deve pertanto essere annullata anche per tale motivo.
4.
La Corte di appello ha condannato l'insorgente per titolo di attività senza autorizzazione, riconoscimento, abilitazione o registrazione giusta l'art. 44 LFINMA in combinato disposto con l'art. 14 LRD. La condanna si riferisce a tre diverse operazioni avvenute tra il mese di dicembre 2014 e l'autunno 2015: una concerne la vendita, tramite la società D.________ SA, di 10 kg di oro a G.________, le altre attengono al cosiddetto "circuito di Budapest", utilizzato, agendo sempre a nome della società D.________ SA, per I.________ e J.________. In sostanza, secondo la sentenza impugnata, mediante il citato circuito, clienti italiani con averi in Svizzera, che per determinati motivi non aderivano alla "collaborazione volontaria" ( Voluntary Disclosure) in Italia, venivano consigliati e assistiti nelle pratiche di apertura di un conto a loro intestato presso una banca ungherese, ossia di un Paese white list, sul quale erano in seguito bonificati gli averi sino ad allora detenuti in Svizzera, averi trasferiti poi su un conto controllato dal ricorrente, rispettivamente da B.________, per essere infine riconsegnati in contanti o sotto forma di diamanti o orologi, dedotta un'eventuale commissione, ai clienti in Italia.
4.1. L'art. 44 cpv. 1 della legge federale del 22 giugno 2007 sulla vigilanza dei mercati finanziari (LFINMA; RS 956.1), nella versione in vigore all'epoca dei fatti imputati (RU 2008 5207), puniva chiunque, intenzionalmente, esercitava senza autorizzazione, riconoscimento, abilitazione o registrazione un'attività soggetta ad autorizzazione, riconoscimento, abilitazione o registrazione conformemente alle leggi sui mercati finanziari. Secondo l'art. 1 cpv. 1 lett. f LFINMA, tra queste leggi si annovera la legge del 10 ottobre 1997 sul riciclaggio di denaro (LRD; RS 955.0).
Giusta l'art. 14 cpv. 1 LRD, nella versione in vigore all'epoca dei fatti imputati (RU 2008 5207), gli intermediari finanziari di cui all'art. 2 cpv. 3 LRD, che non erano affiliati a un organismo riconosciuto di autodisciplina, dovevano chiedere alla FINMA un'autorizzazione per l'esercizio della loro attività. L'art. 2 cpv. 3 LRD determina la qualità di intermediario finanziario in base alle attività svolte. La norma contempla una descrizione aperta di tali attività, mediante una clausola generale che corrisponde alla formulazione di cui all'art. 305ter CP (Messaggio del 17 giugno 1996 concernente la legge federale relativa alla lotta contro il riciclaggio di denaro nel settore finanziario, FF 1996 III 1009), e una lista esemplificativa delle stesse (art. 2 cpv. 3 lett. a-g LRD; sentenza 2A.62/2007 del 30 novembre 2007 consid. 3.2). Queste attività devono essere esercitate "a titolo professionale" (art. 2 cpv. 3 LRD). Secondo l'art. 7 cpv. 1 lett. a dell'abrogata ordinanza del 18 novembre 2009 concernente l'esercizio a titolo professionale dell'attività di intermediazione finanziaria (OAIF; RU 2009 6403), in vigore all'epoca dei fatti imputati e sostituita dal 1° gennaio 2016 dall'ordinanza dell'11 novembre 2015 sul riciclaggio di denaro (ORD; RS 955.01), un intermediario finanziario esercita la sua attività a titolo professionale, tra l'altro, se durante un anno civile realizza un ricavo lordo superiore a fr. 20'000.-- (soglia aumentata a fr. 50'000.-- dall'art. 7 ORD).
4.2. Il ricorrente censura l'accertamento del ruolo da lui svolto nel "circuito di Budapest", qualificato come attivo e essenziale dalla Corte di appello, in quanto fondato su una valutazione arbitraria delle dichiarazioni di B.________, dei clienti interessati e dello stesso insorgente. Con riferimento al primo, l'autorità precedente ometterebbe di confrontarsi con quanto da lui esposto in modo preciso e dettagliato nei suoi primi verbali, dai quali emergerebbe in sostanza la marginalità della figura dell'insorgente nel sistema ungherese, non coinvolto nella fase successiva all'apertura del conto a Budapest e non remunerato. Essa non avrebbe valutato le dichiarazioni di B.________ nel loro insieme, considerando invece acriticamente solo quelle da lui rilasciate a partire dal 2019, benché costituiscano una ritrattazione delle precedenti, siano interessate in quanto tese a minimizzare il suo ruolo per enfatizzare quello dell'insorgente, non trovino riscontro in elementi esterni, segnatamente nelle risultanze del procedimento italiano, e siano infine prive di credibilità intrinseca. La Corte di appello riterrebbe che, dopo i bonifici sui conti personali ungheresi dei clienti, gli averi fossero trasferiti su un conto controllato dal ricorrente o da B.________, senza tuttavia indicare su quale elemento probatorio essa fondi tale accertamento e malgrado questo contrasti apertamente con il funzionamento del meccanismo descritto dallo stesso B.________ e da K.________, e risultante dagli atti italiani. Trattasi pertanto di un accertamento arbitrario. Neppure dalle dichiarazioni dei clienti, prosegue l'insorgente, emergerebbe che egli abbia avuto un ruolo nella parte "tecnica" del meccanismo ungherese, essendo inoltre estraneo anche alle fasi successive dell'apertura del conto. Un suo ruolo centrale non potrebbe essere dedotto neppure dalle dichiarazioni rilasciate dal ricorrente medesimo, come invece arbitrariamente inferito dalla Corte di appello, che le avrebbe strumentalizzate e rese avulse dal loro contesto. In particolare nessun significato potrebbe essere attribuito in tal senso alla sua padronanza della lingua inglese, tenuto conto che il "circuito di Budapest" comprendeva un interprete in loco, né alla sua presenza in Ungheria volta a rassicurare i clienti, essendo irrilevante per determinare oggettivamente il suo ruolo in relazione all'operatività magiara, di esclusivo appannaggio di B.________ e di K.________. Il ricorrente critica poi la Corte di appello per aver attribuito alla società D.________ SA le attività a lui rimproverate, senza valutare se esse siano state svolte a titolo personale, per la società citata o per conto di C.________ SA. Tale attribuzione sarebbe arbitraria in quanto motivata unicamente dalla vendita di diamanti ai clienti in questione, ossia dalla sua attività legittima e abituale, compiuta con altri clienti senza costituire violazione alcuna, e comunque ininfluente ai fini dell'applicazione dell'art. 44 LFINMA.
4.3. È vero che, relativamente a questa imputazione, la Corte di appello pare non aver valutato l'insieme delle dichiarazioni rilasciate da B.________ dall'avvio del procedimento, chinandosi solo su quelle rese dal 2019 in poi. Sennonché, con riferimento al "circuito di Budapest", essa non ha accertato i fatti sulla scorta di quanto da lui raccontato, limitandosi al riguardo a rilevare come il ricorrente e B.________ si siano attribuiti reciprocamente le responsabilità della vicenda. Le censure di arbitrio nella valutazione delle dichiarazioni di quest'ultimo risultano pertanto ininfluenti per l'esito del procedimento. L'autorità precedente ha infatti forgiato il suo convincimento sulla base di quanto riferito dai clienti e in parte dallo stesso insorgente. Ha considerato credibili le dichiarazioni dei clienti interrogati, ancorché non prive di lievi imprecisioni, perché coerenti, circostanziate e disinteressate. Il ricorrente insiste sul suo mancato coinvolgimento nei passaggi fondamentali, nella parte "tecnica" del "circuito di Budapest". La Corte di appello tuttavia non ha preteso il contrario, pur accertando una sua partecipazione attiva ed essenziale alle relative operazioni, consistente in sintesi nella consulenza dei clienti in merito alla soluzione ungherese, che venivano a tal fine messi in contatto con B.________, avendo questi entrature presso la banca magiara. Il suo coinvolgimento non si esauriva comunque a questo stadio, atteso che in determinati casi il ricorrente si è procurato i documenti necessari e ha accompagnato personalmente i clienti in Ungheria. Per l'autorità precedente, questo accompagnamento è stato indispensabile per la buona riuscita dell'operazione, segnatamente perché i clienti si fidavano di lui e perché padroneggiava perfettamente la lingua inglese. Se è vero che, sebbene avanzate dall'insorgente medesimo per spiegare la sua partecipazione ai viaggi in Ungheria, le sue competenze linguistiche non appaiono rilevanti per valutare il suo ruolo nel "circuito di Budapest", tenuto conto della presenza in loco di un interprete di cui hanno dato atto i clienti interrogati, la ritenuta essenzialità del suo intervento non denota comunque alcun arbitrio. Infatti, oltre a instaurare il contatto con B.________, egli ha accompagnato i clienti in Ungheria perché, secondo le sue stesse dichiarazioni riportate nella sentenza impugnata, B.________ non era la "persona che poteva destare la maggiore fiducia" e la presenza dell'insorgente poteva rassicurarli. Aggiungasi inoltre che, in taluni casi, il ricorrente si è anche procurato i documenti necessari per l'operazione. In simili circostanze, benché non implicato nella fase "tecnica", appare del tutto sostenibile ritenere il suo coinvolgimento indispensabile per la buona riuscita dell'operazione, come concluso dalla Corte di appello. Nel presentare a grandi linee il "circuito di Budapest", i giudici precedenti indicano che, dopo i bonifici sui conti ungheresi, gli averi venivano trasferiti su un conto controllato dall'insorgente o da B.________, senza tuttavia illustrarne le fondamenta probatorie; neppure è del resto ravvisabile su quali basi si fonderebbe tale accertamento, che risulta pertanto arbitrario, come a ragione censurato nel gravame. Sennonché, ciò non ridimensiona la ritenuta importanza del ruolo del ricorrente nell'operazione, ma ha comunque una rilevanza per l'esito del procedimento (v. infra consid. 4.5.2).
4.4. La Corte di appello ha stabilito che, con riferimento alle operazioni G.________, J.________ e I.________, l'insorgente ha agito in veste di amministratore di D.________ SA. Nel caso della cliente J.________, si era recato con lei in banca a X.________, proponendo all'istituto l'acquisto di diamanti dalla società, mentre nei casi di G.________ e I.________ sono state rinvenute delle fatture intestate alla stessa.
Il ricorrente contesta tale accertamento con una motivazione di natura appellatoria. Le sue critiche infatti non sostanziano arbitrio alcuno, riducendosi in sostanza a contestare la conclusione dell'autorità precedente con argomentazioni generiche. In particolare non si confronta con le ragioni alla base della sentenza impugnata. Orbene, è indubbio, e neppure è seriamente contestato, che nell'ambito della vendita di oro a G.________ il ricorrente abbia agito quale amministratore di D.________ SA, società a nome della quale del resto è stata emessa la relativa fattura. Per quanto riguarda invece J.________ e I.________, coinvolti nel "circuito di Budapest", il ritenuto agire dell'insorgente in veste di amministratore di D.________ SA risulta sostenibile oltre che condivisibile. Secondo le sue stesse dichiarazioni, riportate nel giudizio impugnato, il suo interessamento nel circuito era dettato dalla speranza di vendere diamanti e orologi ai clienti. Emerge, senza che vi siano censure al riguardo, che la mancata adesione alla Voluntary Disclosure impediva ai potenziali clienti di disporre liberamente degli averi detenuti in Svizzera, ritrovando tale facoltà una volta fatto rientrare il loro capitale in Italia al culmine del citato circuito. In particolare per J.________, il ricorrente si è recato inizialmente in banca in Svizzera con lei per proporre all'istituto l'acquisto da parte della cliente dei diamanti venduti da D.________ SA, mentre per I.________ è stata rinvenuta una fattura emessa a nome di questa società per i diamanti e gli orologi acquistati dal cliente.
4.5. Ciò posto, occorre di seguito esaminare se l'agire del ricorrente nel "circuito di Budapest" possa configurare una violazione dell'art. 44 LFINMA.
4.5.1. L'insorgente contesta di aver agito come intermediario finanziario nei casi dei clienti J.________ e I.________. L'aiuto al trasferimento di valori patrimoniali giusta l'art. 2 cpv. 3 LRD implicherebbe, a un certo stadio, un potere di disposizione sui valori in questione. In nessuno dei casi citati però la Corte di appello stabilirebbe una facoltà di controllo del ricorrente sui valori patrimoniali dei clienti. Sicché il suo comportamento non configurerebbe gli estremi del reato di cui all'art. 44 LFINMA unitamente all'art. 14 LRD.
4.5.2. È indubbio, ed è del resto incontestato, che la vendita di oro a G.________ rientra tra le attività di intermediario finanziario ai sensi dell'art. 2 cpv. 3 lett. c LRD, come correttamente affermato nella sentenza impugnata. La Corte di appello si è mostrata parca al momento di esprimersi sulla qualificazione dell'attività connessa al "circuito di Budapest", limitandosi a definirla un aiuto ai clienti per investire o trasferire denaro giusta l'art. 2 cpv. 3 LRD. Sembra così aver sussunto tale attività sotto la relativa clausola generale.
Come addotto nel gravame, per la dottrina l'applicazione della clausola generale implica un potere di disposizione (giuridico o fattuale) dell'intermediario finanziario sui valori patrimoniali altrui (v. ALEXANDER GRETER, in Basler Kommentar, Geldwäschereigesetz, 2021, n. 36 e 38 ad art. 2 cpv. 3 LRD; FRIGO/JAIN, in Basler Kommentar, Geldwäschereigesetz, 2021, n. 9 ad art. 14 LRD; BOVET/BACHARACH, in Commentaire romand, Loi sur le blanchiment d'argent, 2022, n. 79 ad art. 2 LRD; RALPH WYSS, in GwG Kommentar: Geldwäschereigesetz mit weiteren Erlassen, 3 a ed. 2019, n. 27 ad art. 2 LRD; SIMON SCHÄREN, in Geldwäschereigesetz (GwG) : Bundesgesetz vom 10. Oktober 1997 über die Bekämpfung der Geldwäscherei und der Terrorismusfinanzierung, 2017, n. 80 e 81 ad art. 2 LRD).
La Corte di appello ha certo ritenuto che, dopo i bonifici su conti ungheresi, gli averi dei clienti venivano trasferiti su un conto controllato dal ricorrente o da B.________, ciò che implicherebbe un potere di disposizione sui valori patrimoniali. Tale accertamento è però risultato arbitrario, non essendo supportato da alcun elemento (v. supra consid. 4.3). Non sono quindi dati gli estremi perché sia dato un aiuto all'investimento o al trasferimento di valori patrimoniali di terzi giusta l'art. 2 cpv. 3 LRD.
4.5.3. A norma dell'art. 2 cpv. 3 LRD, l'assoggettamento alla LRD presuppone inoltre che l'intermediario finanziario agisca "a titolo professionale". Ciò è il caso, in particolare, se durante un anno civile realizza un ricavo lordo superiore a fr. 20'000.-- (v. supra consid. 4.1). La circolare 2011/1 FINMA Attività di intermediario finanziario ai sensi della LRD del 20 ottobre 2010 (< www.finma.ch > sotto documentazione/circolari, consultato il 19 giugno 2024) precisa che il ricavo lordo è costituito da tutte le entrate generate da attività assoggettate alla LRD (n. 143). Ai fini della valutazione del criterio di cui all'art. 7 cpv. 1 lett. a OAIF, in caso di attività commerciale (v. art. 2 cpv. 3 lett. c LRD e art. 5 OAIF, rispettivamente art. 5 ORD) è determinante l'utile lordo e non il ricavo lordo (art. 10 OAIFM, rispettivamente art. 10 ORD).
4.5.3.1. Richiamando la sentenza di prima istanza, la Corte di appello ha ritenuto adempiuta questa condizione, posto come il ricorrente abbia ottenuto un utile lordo di euro 10'000.-- dalla vendita di oro a G.________ e un ricavo di euro 15'000.-- dall'operazione I.________, importi che sommati superano la soglia di fr. 20'000.-- di cui all'art. 7 cpv. 1 lett. a OAIF.
4.5.3.2. Il ricorrente sostiene che sia l'autorità di appello sia quella di primo grado sarebbero incorse in una violazione del diritto considerando il guadagno dall'operazione I.________ per determinare il raggiungimento del valore soglia stabilito dall'art. 7 OAIF. Infatti tale guadagno risulterebbe da un'attività non soggetta ad autorizzazione, ovvero dalla vendita di diamanti e orologi, e come tale dovrebbe essere scorporato da eventuali altri guadagni provenienti da attività soggette ad autorizzazione.
4.5.3.3. Nell'ottica di stabilire se vi sia stata un'attività "a titolo professionale", è indiscutibile la pertinenza dell'utile lordo di euro 10'000.-- connesso alla vendita di oro a G.________ (art. 2 cpv. 3 lett. c LRD, art. 5 cpv. 1, art. 7 cpv. 1 lett. a nonché art. 10 OAIF). A questo importo, la Corte di appello ha aggiunto il guadagno realizzato dal ricorrente dall'operazione I.________. Orbene, gli accertamenti al riguardo effettuati dall'autorità di prima istanza, a cui la sentenza impugnata rinvia, si fondano sulle dichiarazioni dibattimentali dello stesso insorgente. Dal relativo verbale, menzionato nel passaggio topico del giudizio di primo grado, risulta che questi ha sì affermato di aver guadagnato euro 15'000.-- da I.________, ma ha ricondotto tale guadagno alla vendita all'interessato di orologi e gioielli (interrogatorio dell'imputato del 20 maggio 2021, atto SK 168.731.064 seg.). Trattasi quindi di un guadagno, come rettamente evidenziato nel gravame, derivante da un'attività non soggetta ad autorizzazione e dunque non suscettibile di essere preso in considerazione per valutare il raggiungimento del valore soglia di cui all'art. 7 cpv. 1 lett. a OAIF. Sicché, il guadagno del ricorrente si limita a quello relativo alla vendita di oro pari a euro 10'000.--, inferiore dunque al valore soglia per ritenere la natura professionale dell'attività di intermediario finanziario. La conclusione contraria della Corte di appello viola pertanto il diritto federale.
4.5.4. Non avendo esercitato l'attività di intermediario finanziario a titolo professionale ai sensi dell'art. 2 cpv. 3 LRD, il ricorrente, quale amministratore di D.________ SA, non era tenuto a richiedere un'autorizzazione per l'esercizio della sua attività giusta l'art. 14 LRD e non può dunque essere ritenuto colpevole di infrazione all'art. 44 LFINMA. La sua condanna per tale titolo di reato deve di conseguenza essere annullata.
5.
La Corte di appello ha riconosciuto l'insorgente anche autore colpevole di carente diligenza in operazioni finanziarie giusta l'art. 305 ter cpv. 1 CP, per aver accettato, nell'ambito della vendita di 10 kg di oro a G.________, l'importo di fr. 380'000.-- proveniente dalla relazione bancaria intestata alla società L.________ Inc., di cui G.________ è avente diritto economico, senza accertarsi con la diligenza richiesta dalle circostanze, dell'identità dell'avente economicamente diritto.
In questa sede l'insorgente non contesta (più) l'avvenuta compravendita di oro. Ritiene tuttavia di non aver agito "a titolo professionale" ai sensi dell'art. 305 ter CP.
5.1. Giusta l'art. 305 ter cpv. 1 CP, si rende colpevole di carente diligenza in operazioni finanziarie chiunque, a titolo professionale, accetta, prende in custodia, aiuta a collocare o a trasferire valori patrimoniali altrui senza accertarsi, con la diligenza richiesta dalle circostanze, dell'identità dell'avente economicamente diritto.
L'art. 305ter cpv. 1 CP sanziona un reato proprio esclusivo, la carente diligenza in operazioni finanziarie potendo essere commessa unicamente da chi, a titolo professionale, accetta, prende in custodia, aiuta a collocare o a trasferire valori patrimoniali altrui (DTF 129 IV 338 consid. 2.3, 329 consid. 2.2). Trattasi di persone attive nel settore finanziario. Benché entrata in vigore posteriormente all'art. 305ter CP, la LRD costituisce uno strumento utile a delimitare il suo campo d'applicazione con riferimento sia alle attività del settore finanziario, ossia alle operazioni finanziarie menzionate nel titolo marginale della norma, sia alla cerchia dei possibili autori del reato (DTF 129 IV 338 consid. 2.3). Ciò vale anche per quanto attiene alla natura professionale dell'attività (v. MARK PIETH, in Basler Kommentar, Strafrecht II, 4a ed. 2019, n. 13 ad art. 305ter CP; PIETH/SCHULTZE, in Praxiskommentar Schweizerisches Strafgesetzbuch, 4a ed. 2021, n. 5 ad art. 305ter CP; URSULA CASSANI, in Commentaire romand, Code pénal II, 2017, n. 16 e 17 ad art. 305ter CP). Si può pertanto rinviare a quanto già testé illustrato in proposito (v. supra consid. 4.1).
5.2. La Corte di appello, richiamando e facendo propria la motivazione del giudizio di primo grado, ha considerato che il ricorrente ha agito "a titolo professionale". Infatti, ha ritenuto il suo guadagno superiore alla soglia di cui all'art. 7 cpv. 1 lett. a OAIF, sommando l'utile di euro 10'000.-- della vendita di oro a G.________ e il ricavo di euro 15'000.-- dall'operazione I.________. Come già precedentemente esposto, tuttavia, il ricavo dall'operazione I.________ non può essere preso in considerazione, non risultando da un'attività di intermediazione finanziaria ai sensi della LRD (v. supra consid. 4.5.3.3). Poiché l'utile ottenuto dall'operazione di compravendita di oro è inferiore al valore soglia stabilito dalla regolamentazione in materia di riciclaggio di denaro, non è possibile ritenere che il ricorrente abbia agito "a titolo professionale", ciò che lo esclude dalla cerchia dei possibili autori del reato di carente diligenza in operazioni finanziarie giusta l'art. 305ter cpv. 1 CP. La sua condanna per questo titolo di reato viola pertanto il diritto e dev'essere annullata già solo per questa ragione, senza che sia necessario vagliare le ulteriori censure ricorsuali relative all'aspetto soggettivo della carente diligenza in operazioni finanziarie.
6.
La condanna dell'insorgente per i titoli di riciclaggio di denaro, di carente diligenza in operazioni finanziarie e di attività senza autorizzazione, riconoscimento, abilitazione o registrazione è contraria al diritto e dev'essere annullata. Di riflesso devono essere annullati anche la pena, il risarcimento equivalente e il sequestro del conto bancario a garanzia dello stesso.
Per quanto concerne gli indennizzi, la Corte di appello ha negato una riparazione del torto morale del ricorrente, non avendo egli reso verosimile una lesione particolarmente grave dei suoi interessi personali. Ha altresì respinto le pretese avanzate a nome di D.________ SA, in quanto non comprovate. Il gravame non formula alcuna censura al riguardo. La Corte di appello dovrà pertanto limitarsi a esaminare le pretese di indennizzo delle spese legali, secondo la tariffa oraria applicata in sede di appello. Infatti, benché in questa sede l'insorgente postuli l'applicazione della tariffa da lui esposta, che considera giustificata alla luce della complessità del caso, non pretende né motiva alcuna violazione del diritto da parte dell'autorità precedente con preciso riferimento alla tariffa ritenuta. La Corte di appello dovrà pure pronunciarsi nuovamente sulle spese procedurali.
7.
Ne segue che il ricorso merita accoglimento. La sentenza impugnata dev'essere annullata e la causa rinviata alla Corte di appello per nuova decisione ai sensi dei considerandi.
Non si prelevano spese giudiziarie (art. 66 cpv. 1 e 4 LTF).
Risultando vincente, il ricorrente ha diritto a un'indennità a titolo di ripetibili a carico della Confederazione (art. 68 LTF).
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:
1.
Il ricorso è accolto. La sentenza impugnata è annullata e la causa rinviata alla Corte di appello del Tribunale penale federale per nuovo giudizio.
2.
Non si prelevano spese giudiziarie.
3.
La Confederazione (Ministero pubblico della Confederazione) verserà al ricorrente un'indennità di fr. 3'000.-- a titolo di ripetibili della procedura innanzi al Tribunale federale.
4.
Comunicazione ai patrocinatori del ricorrente, al Ministero pubblico della Confederazione e alla Corte di appello del Tribunale penale federale.
Losanna, 1° luglio 2024
In nome della I Corte di diritto penale
del Tribunale federale svizzero
La Presidente: Jacquemoud-Rossari
La Cancelliera: Ortolano Ribordy