6B_674/2023 17.03.2025
Bundesgericht
Tribunal fédéral
Tribunale federale
Tribunal federal
6B_674/2023
Sentenza del 17 marzo 2025
I Corte di diritto penale
Composizione
Giudici federali Muschietti, Giudice presidente,
von Felten, Wohlhauser,
Cancelliera Ortolano Ribordy.
Partecipanti al procedimento
A.________,
patrocinata dall'avv. Paolo Bernasconi,
ricorrente,
contro
1. Ministero pubblico del Cantone Ticino, Palazzo di giustizia, via Pretorio 16, 6901 Lugano,
2. B.________,
patrocinata dall'avv. Francesco Barletta,
opponenti.
Oggetto
Ingiuria; arbitrio,
ricorso in materia penale contro la sentenza emanata
il 15 marzo 2023 dalla Corte di appello e di revisione penale del Cantone Ticino (17.2021.15 17.2023.30).
Fatti:
A.
Nelle primissime ore del mattino del 27 dicembre 2016, B.________ si è presentata a casa del suo ex compagno, C.________ nell'ottica di dirimere alcuni problemi relativi all'affidamento della comune figlia D.________, all'epoca quattordicenne, che stava trascorrendo il periodo natalizio con il padre e la sua nuova compagna A.________. È sorta una discussione, conclusasi con l'intervento della polizia, richiesto dall'uomo, e l'allontanamento di B.________ dall'abitazione.
In relazione a questi fatti, B.________ ha querelato A.________ per titolo di ingiuria per averla tacciata di "lurida squallida puttana rumena di merda" al suo ingresso nell'abitazione e davanti alla figlia D.________.
B.
Con decreto di accusa del 9 dicembre 2019, il Procuratore pubblico del Cantone Ticino ha ritenuto A.________ autrice colpevole di ingiuria per aver offeso l'onore di B.________ con gli epiteti "squallida", "puttana" e "razzista", proponendone la condanna alla pena pecuniaria di 15 aliquote giornaliere, sospesa condizionalmente per un periodo di prova di due anni, nonché alla multa di fr. 200.--.
C.
In seguito all'opposizione a tale decreto, con sentenza del 27 novembre 2020 il Giudice della Pretura penale ha prosciolto A.________ dall'imputazione di ingiuria, le ha riconosciuto un indennizzo giusta l'art. 429 cpv. 1 lett. a CPP e ha posto tassa e spese di giustizia a carico dello Stato e dell'accusatrice privata B.________.
D.
In parziale accoglimento dell'appello interposto da B.________, con sentenza del 15 marzo 2023 la Corte di appello e di revisione penale del Cantone Ticino (CARP) ha riconosciuto A.________ autrice colpevole di ingiuria limitatamente agli epiteti di "squallida" e "puttana", e l'ha condannata alla pena pecuniaria di cinque aliquote giornaliere, sospesa condizionalmente per un periodo di prova di due anni, nonché alla multa di fr. 100.--. Ha invece prosciolto l'imputata dall'accusa di ingiuria riferita all'epiteto "razzista", in quanto non è risultato essere stato proferito. A.________ è stata condannata a versare all'accusatrice privata un'indennità giusta l'art. 433 cpv. 1 lett. a CPP per i due gradi di giudizio, a pagare gli oneri processuali di primo grado e 2/3 di quelli di appello. La CARP le ha infine riconosciuto un'indennità ridotta ex art. 429 cpv. 1 lett. a CPP per i costi di patrocinio afferenti la procedura di appello.
E.
A.________ impugna questo giudizio con un ricorso in materia penale al Tribunale federale. In breve, previa concessione dell'effetto sospensivo al gravame, postula in via principale il suo proscioglimento da ogni accusa, l'addossamento all'accusatrice privata dell'integralità degli oneri processuali della sede cantonale, e l'obbligo per quest'ultima di versarle un'indennità "ex art. 433 cpv. 1 lett. a CPP" per i due precedenti gradi di giudizio. Subordinatamente A.________ chiede di essere esentata da pena in applicazione dell'art. 177 cpv. 2 rispettivamente cpv. 3 CP, più subordinatamente di essere condannata a una multa di fr. 1.--. In entrambe le conclusioni subordinate, postula poi che gli oneri processuali di prima e seconda istanza siano addossati alle parti in egual misura, ognuna di esse sopportando le proprie spese legali. A titolo ancor più subordinato, A.________ chiede di essere "condannata a risarcire [l'accusatrice privata] per le spese legali nella misura della metà dell'importo complessivo fatto valere da parte di quest'ultima".
Invitati a esprimersi sul ricorso, il Ministero pubblico ha comunicato di non avere particolari osservazioni, mentre la CARP ha rinunciato a formularle, rinviando ai considerandi della sua sentenza. A conclusione della sua risposta, l'accusatrice privata postula la reiezione del ricorso. L'insorgente ha replicato e l'accusatrice ha duplicato, riconfermandosi entrambe nelle rispettive conclusioni.
Con decreto presidenziale del 24 maggio 2023 è stata respinta la domanda di effetto sospensivo presentata contestualmente al ricorso in materia penale.
F.
Il 19 dicembre 2023 l'insorgente ha inoltrato un'istanza di "acquisizione di fatto nuovo e di nuovo mezzo di prova", chiedendo di acquisire agli atti dell'incarto una dichiarazione dattiloscritta di D.________ datata 17 novembre 2023.
Con un parallelo atto di medesima data, la ricorrente ha presentato un'istanza di sospensione della procedura di ricorso, al fine di attendere l'esito della domanda di revisione della sentenza impugnata formulata quello stesso giorno dinanzi alla CARP sulla scorta della precitata dichiarazione dattiloscritta.
Con decreto del 25 gennaio 2024, il Giudice dell'istruzione ha sospeso la procedura fino all'emanazione della decisione sull'istanza di revisione.
Il 26 luglio 2024 la CARP ha respinto l'istanza di revisione.
Diritto:
1.
Conformemente a quanto indicato nel decreto del 25 gennaio 2024, con l'emanazione il 26 luglio 2024 della decisione della CARP sull'istanza di revisione la sospensione della presente procedura è terminata. Poiché l'istanza di revisione della sentenza impugnata è stata respinta, il ricorso in materia penale conserva il suo oggetto.
2.
Il Tribunale federale esamina d'ufficio e liberamente l'ammissibilità del rimedio esperito (DTF 150 III 248 consid. 1).
2.1. Inoltrato dall'imputata (art. 81 cpv. 1 lett. a e lett. b n. 1 LTF) e diretto contro una decisione finale (art. 90 LTF) resa in materia penale (art. 78 cpv. 1 LTF) da un'autorità cantonale di ultima istanza (art. 80 cpv. 1 LTF), il ricorso in materia penale è di massima ammissibile in quanto tempestivo (art. 100 cpv. 1 LTF) e presentato nelle forme richieste (art. 42 cpv. 1 LTF).
2.2. Oltre alle conclusioni, il ricorso deve contenere i motivi, in cui la parte ricorrente deve spiegare in modo conciso perché l'atto impugnato viola il diritto (art. 42 cpv. 1 e 2 LTF), confrontandosi con i considerandi dell'autorità precedente. L'esigenza di motivazione si riferisce alle conclusioni formulate. Se il ricorso contiene diverse conclusioni, ma è motivato in modo sufficiente solo in relazione ad alcune di esse, le altre non sono prese in considerazione (DTF 143 II 283 consid. 1.2.2).
In concreto l'insorgente presenta una serie di conclusioni principali e subordinate. Quelle formulate "in via più subordinata" e "in via ancor più subordinata", nel caso in cui non solo la condanna per ingiuria fosse confermata, ma fosse anche negata l'applicazione dell'art. 177 cpv. 2 e 3 CP, mediante le quali la ricorrente postula una diversa ripartizione degli oneri processuali della sede cantonale nonché la riduzione dell'indennizzo per le spese legali dell'accusatrice privata, non poggiano su alcuna motivazione. Esse risultano pertanto inammissibili.
2.3. Giusta l'art. 99 cpv. 1 LTF, possono essere addotti nuovi fatti e nuovi mezzi di prova soltanto se ne dà motivo la decisione dell'autorità inferiore. Per fatti o mezzi di prova "nuovi" ai sensi di questa disposizione si intendono nova in senso improprio, ossia fatti e mezzi di prova che nella procedura precedente avrebbero già potuto essere addotti, ma non lo sono stati. I nova in senso proprio, vale a dire i fatti e i mezzi di prova emersi dopo l'emanazione della decisione impugnata, sono invece in linea di principio irrilevanti dinanzi al Tribunale federale, salvo se afferenti i presupposti di ammissibilità del ricorso (DTF 149 III 465 consid. 5.5.1; 139 III 120 consid. 3.1.2). Il Tribunale federale deve infatti giudicare se l'autorità precedente abbia o meno violato il diritto sulla base della situazione in essere al momento in cui ha reso la propria decisione (sentenza 5A_309/2023 del 3 aprile 2024 consid. 2.3).
La ricorrente ha postulato "l'acquisizione in conformità dell'art. 99 cpv. 1 LTF" di una dichiarazione dattiloscritta di D.________ datata 17 novembre 2023. Essendo posteriore all'emanazione della sentenza impugnata e anche all'inoltro del ricorso in materia penale, questa dichiarazione costituisce un novum in senso proprio sotto il profilo dell'art. 99 LTF e come tale inammissibile in questa sede. Essa non può pertanto essere presa in considerazione.
L'accusatrice privata opponente ha allegato alla sua risposta al ricorso una sentenza del Tribunale di Bergamo emanata in data 13 dicembre 2022 e quindi anteriormente al giudizio impugnato. Trattasi di un novum in senso improprio. Non illustra tuttavia in che modo e misura la produzione di tale documento sia motivata dalla decisione impugnata, benché le incombesse di dimostrare l'adempimento dei presupposti dell'art. 99 cpv. 1 LTF (v. DTF 148 V 174 consid. 2.2; 143 V 19 consid. 1.2). Non è dunque possibile tenerne conto in questa sede.
3.
Considerata l'assenza di elementi oggettivi agli atti, per accertare i fatti, la CARP ha proceduto a valutare le dichiarazioni rese dalla ricorrente, dall'accusatrice privata e dagli agenti intervenuti quella mattina. Sulla scorta di tale valutazione essa ha stabilito che l'insorgente ha tacciato l'accusatrice privata di "squallida" e "puttana".
La ricorrente si duole di arbitrio nella valutazione della credibilità delle versioni fornite dalle interessate e nel conseguente accertamento dei fatti. Richiamandosi alla presunzione di innocenza e al principio della verità materiale di cui all'art. 6 cpv. 2 CP, sostiene che una corretta applicazione del principio in dubio pro reo avrebbe imposto una "conclusione assolutoria" a fronte dell'insuperabile difficoltà di stabilire se i due epiteti siano davvero stati proferiti.
3.1. Per costante giurisprudenza, l'arbitrio non si realizza già qualora la soluzione proposta con il ricorso possa apparire sostenibile o addirittura preferibile a quella contestata; il Tribunale federale annulla la pronuncia criticata solo se il giudice del merito ha emanato un giudizio che appare - e ciò non solo nella motivazione bensì anche nell'esito - manifestamente insostenibile, in aperto contrasto con la situazione reale, gravemente lesivo di una norma o di un principio giuridico chiaro e indiscusso oppure in contraddizione urtante con il sentimento della giustizia e dell'equità (DTF 147 I 241 consid. 6.2.1). Per quanto riguarda in particolare la valutazione delle prove e l'accertamento dei fatti, il giudice - che in questo ambito dispone di un ampio margine di apprezzamento - incorre nell'arbitrio se misconosce manifestamente il senso e la portata di un mezzo di prova, se omette senza valida ragione di tener conto di un elemento di prova importante, suscettibile di modificare l'esito della vertenza, oppure se ammette o nega un fatto ponendosi in aperto contrasto con gli atti di causa o interpretandoli in modo insostenibile (DTF 150 I 50 consid. 3.3.1).
3.2. Con riferimento alla valutazione delle prove, la presunzione di innocenza (art. 32 cpv. 1 Cost., art. 10 CPP) e il principio in dubio pro reo, che ne è il corollario, implicano che il giudice penale non può dichiararsi convinto dell'esistenza di una fattispecie più sfavorevole all'imputato quando, secondo una valutazione oggettiva del materiale probatorio, sussistono dubbi che i fatti si siano verificati proprio in quel modo. Poiché sempre possibili, semplici dubbi astratti e teorici non sono tuttavia sufficienti, non potendo essere esatta una certezza assoluta. Il principio è disatteso solo quando il giudice penale avrebbe dovuto nutrire, dopo un'analisi globale e oggettiva delle prove, rilevanti e insopprimibili dubbi sulla colpevolezza dell'imputato. Nell'ambito della valutazione delle prove nella procedura dinanzi al Tribunale federale, il principio in dubio pro reo non assume una portata che travalica quella del divieto dell'arbitrio (DTF 148 IV 409 consid. 2.2).
È opportuno precisare che il principio in dubio pro reo non si applica per determinare quali mezzi di prova devono essere considerati ed eventualmente come devono essere valutati. In caso di prove contraddittorie, il giudice non deve senz'altro fondarsi su quella più favorevole all'imputato. Il principio non fornisce alcuna istruzione su quali constatazioni occorre dedurre dalle prove disponibili. La valutazione in quanto tale delle prove soggiace al principio della libera valutazione delle prove (art. 10 cpv. 2 CPP). Il principio in dubio pro reo si applica unicamente dopo che tutte le prove necessarie per la manifestazione della verità sono state raccolte e valutate (DTF 144 IV 345 consid. 2.2.3.1 e 2.2.3.2).
4.
A mente della ricorrente, la CARP avrebbe omesso di considerare "il contesto storico, gli antecedenti e persino i fatti successivi utili per il profilo della personalità" dell'accusatrice privata, desumibili dagli atti dei procedimenti penale e civile, violando così gli art. 6 e 10 CPP. Se esaminati, tali elementi avrebbero imposto il proscioglimento dell'insorgente. Quest'ultima ravvede un grave arbitrio nella mancata ricerca del detonatore della "rissa verbale". Secondo la ricorrente, all'epoca dei fatti l'accusatrice privata si sarebbe trovata in una situazione psichica equiparabile alla "sindrome di Medea" in seguito al tradimento subito. Avrebbe quindi posto in essere svariati tentativi per sabotare la nuova relazione del suo ex compagno con l'insorgente, adottando un comportamento vendicativo e persecutorio, arbitrariamente negletto dalla CARP al momento di valutarne la credibilità. La Corte cantonale avrebbe peraltro superato alcune discordanze nel racconto dell'accusatrice privata con le difficoltà di ricordare esattamente la dinamica dell'episodio e con il suo forte coinvolgimento emotivo, constatazioni queste da cui avrebbe invece dovuto inferire "una visione distorta della realtà" da parte dell'interessata. La ricorrente lamenta arbitrio anche in relazione alla mancata presa in considerazione delle "deposizioni assolutorie" degli agenti di polizia intervenuti sul posto, che non avrebbero rilevato alcun comportamento penalmente rilevante dell'insorgente, bensì uno stato di agitazione dell'accusatrice privata. Per quanto concerne infine la valutazione delle proprie dichiarazioni, la ricorrente rimprovera la CARP per non averle considerate credibili perché asseritamente contraddittorie. Tale conclusione sarebbe però insostenibile in quanto contraria agli atti di causa, non essendo incorsa in contraddizioni di sorta "nel presente procedimento penale".
4.1. Come a ragione osservato dall'opponente accusatrice privata, la motivazione ricorsuale è di natura ampiamente appellatoria. L'insorgente infatti propone una lettura personale della vicenda, omettendo di confrontarsi compiutamente con le considerazioni dell'autorità cantonale e riprendendone solo qualche estratto avulso dal suo contesto a cui poi attribuisce un senso strumentale alla tesi difensiva. Si avventura in un'analisi pseudo psicologica dell'accusatrice privata per minarne la credibilità e attribuire alla sua venuta il 27 dicembre 2016 uno scopo vendicativo e persecutorio che definisce "spedizione guastafeste", volta a rovinare "i giorni della Pace, della Serenità, della Fratellanza". Non si avvede tuttavia che la CARP ha ritenuto che l'accusatrice privata si è presentata presso l'abitazione del suo ex compagno per dirimere alcuni problemi relativi all'affidamento della figlia, che in quei giorni si trovava con il padre e la ricorrente, e ha stabilito che ne è seguita una discussione terminata con l'intervento della polizia. In assenza di censure al riguardo, tale accertamento resta vincolante per questo Tribunale (art. 105 cpv. 1 LTF). Alla luce dello stesso, invano conseguentemente la ricorrente rimprovera all'autorità cantonale di aver disatteso un suo "obbligo imperativo" per non aver effettuato "l'analisi dei moventi". Che poi questi non corrispondano a quelli prospettati nell'impugnativa non costituisce per questa sola ragione alcuna violazione del diritto.
4.2. La CARP si è chinata sulle versioni rese dall'accusatrice privata e dall'insorgente, nonché sulle dichiarazioni degli agenti di polizia. Benché questi abbiano affermato di non aver sentito le ingiurie imputate, per la Corte cantonale ciò non significa che non siano state proferite. Emerge infatti che non hanno assistito alla fase iniziale del litigio tra le due donne, avendo essi riferito di essere giunti in un secondo momento a diverbio già in corso. Invano quindi la ricorrente lamenta la mancata considerazione delle deposizioni dei due appuntati, che la scagionerebbero. È infatti accertato che essi non hanno assistito sin dai primi istanti al confronto tra le interessate. E l'insorgente non sostanzia arbitrio in proposito, sostenendo unicamente che sussisterebbe un'incertezza riguardo al momento in cui sarebbero intervenuti, incertezza che avrebbe "imposto una conclusione rispettosa del principio in dubio pro reo ". Sennonché non sussiste al riguardo alcuna incertezza. Il fatto che l'appuntata abbia dichiarato di non essersi mai assentata, come evidenziato nel gravame, non significa certo che fosse presente sin dai primi istanti. D'altronde la CARP si è fondata anche sulle dichiarazioni della stessa ricorrente, che ha affermato che "in un primo momento" si è trovata unicamente con l'accusatrice privata e la di lei figlia D.________, il compagno essendo uscito per aspettare la polizia.
Quanto al racconto dell'accusatrice privata, l'autorità precedente lo ha ritenuto lineare e coerente, nonché sincero. Malgrado abbia in un primo tempo sostenuto che gli insulti sono stati proferiti anche in presenza degli agenti di polizia, la CARP ha rilevato che, davanti agli inquirenti, l'interessata ha in seguito dichiarato di non ricordare in che momento del litigio fosse sopraggiunta la pattuglia di polizia. Il fatto che non ricordasse esattamente la dinamica dell'episodio non è stato considerato idoneo a intaccarne l'attendibilità, tenuto conto in particolare del forte coinvolgimento emotivo dell'accusatrice privata che ha influito sulla capacità di ricostruire in modo cronologicamente preciso gli eventi. Del resto, gli stessi agenti di polizia hanno riferito dello stato di forte agitazione in cui versava la donna quando sono intervenuti in loco. Sicché, conclude la CARP, non sorprende che ella, scossa dall'episodio avvenuto in presenza della figlia, non abbia prestato attenzione all'arrivo della polizia. Alla luce di queste considerazioni non vi è spazio alcuno per l'applicazione del principio in dubio pro reo invocata dalla ricorrente a fronte dell'addotta parziale discordanza delle versioni rese dall'accusatrice privata. Tale principio infatti non disciplina come dev'essere valutata una prova e si applica solo dopo la valutazione di tutte le prove (v. supra consid. 3.2). Peraltro la discordanza evidenziata non verte sulla questione di sapere se gli epiteti siano stati proferiti, bensì unicamente se siano stati reiterati dinanzi agli agenti di polizia. Secondo l'insorgente, tuttavia, l'accertata sofferenza dell'accusatrice privata, richiamata dalla CARP per giustificare l'incapacità di ricostruire gli eventi e attribuire arbitrariamente credibilità al suo racconto, avrebbe piuttosto imposto di concludere che l'interessata avesse una visione distorta della realtà. In tal modo la ricorrente non sostanzia alcun arbitrio, ma oppone le proprie valutazioni a quelle dell'autorità cantonale. Non si scorge poi né è spiegato come la difficoltà di ricordare in che momento del diverbio sia giunta la pattuglia della polizia, unico tentennamento nel racconto dell'accusatrice privata, possa essere rivelatrice di una percezione distorta della realtà. Sugli epiteti e su chi li abbia lanciati non vi sono mai state contraddizioni, né il contrario è preteso nel gravame.
È invece nella versione della ricorrente che la CARP ha riscontrato diverse e rilevanti contraddizioni. Nel suo primo verbale ha sostenuto di essere estranea ai fatti. In corso di istruttoria è poi emerso che, nel contesto di un procedimento civile italiano, l'insorgente ha riconosciuto di aver insultato l'accusatrice privata con l'espressione "squallida puttana rumena". Nel suo secondo verbale, ha ribadito di non aver mai utilizzato simili epiteti e ha chiesto che venisse prodotta la registrazione relativa al procedimento italiano. Ciò che è stato fatto e l'ascolto da lei richiesto ha smentito le sue negazioni in merito agli epiteti proferiti il 27 dicembre 2016. A quel punto si è limitata a invocare uno stato di stress e di confusione che avrebbe condotto alle sue ammissioni. La CARP ha però considerato vano questo tentativo di sminuire la fedefacenza di quanto da lei stessa riconosciuto. In questa sede, la ricorrente pretende di non essersi mai contraddetta nel procedimento penale e di aver smentito quanto menzionato nella "rielaborazione riassuntiva". Sennonché, contrariamente a quanto sembra sostenere, le contraddizioni sono contenute proprio nel suo verbale di interrogatorio del 19 novembre 2019 dinanzi al Ministero pubblico del Cantone Ticino, citato nella sentenza impugnata. Peraltro, le ammissioni, che ha poi cercato di confutare o comunque relativizzare, non sono contenute nella rielaborazione riassuntiva di cui contesta il valore probatorio, bensì nelle registrazioni effettuate nel procedimento civile italiano e di cui ella stessa, peraltro assistita da un difensore di fiducia, ha chiesto non solo l'assunzione agli atti, ma anche l'ascolto. In sede di replica, l'insorgente sostiene che la citata registrazione sarebbe priva di qualsiasi valenza probatoria, in quanto acquisita senza alcuna verifica peritale. Oltre a non motivare alcuna violazione del diritto al riguardo (art. 42 cpv. 2 LTF) e a sollevare la questione per la prima volta dinanzi a questo Tribunale in urto con il principio dell'esaurimento delle istanze cantonali (art. 80 cpv. 1 LTF) e della buona fede processuale (DTF 143 IV 397 consid. 3.4.2; 135 I 91 consid. 2.1), la critica è inammissibile anche perché tardiva, essendo formulata unicamente nella replica. Infatti la motivazione dev'essere contenuta nell'allegato presentato entro il termine di ricorso e non è ammissibile completarla o migliorarla con la replica (DTF 144 III 411 consid. 6.4.1; 143 II 283 consid. 1.2.3).
4.3. Sempre con riferimento alla valutazione delle prove, l'insorgente censura l'utilizzabilità della dichiarazione scritta di D.________ quale unico mezzo probatorio a conferma della scelta tra la versione dei fatti dell'accusatrice privata e quella della ricorrente.
L'invocata invalidità probatoria di detta dichiarazione risulta tuttavia irrilevante per l'esito del procedimento, sicché non vi è motivo di esaminare oltre la questione. Infatti, contrariamente a quanto asserito, essa non è stata per nulla dirimente né "il pilastro portante della decisione condannatoria di colpevolezza". Certo la CARP l'ha valutata, ma ha considerato unicamente che confortava il già reso giudizio sulla credibilità della versione dell'accusatrice privata. L'ha in sostanza ritenuta a titolo abbondanziale. Come visto (v. supra consid. 4.2), la valutazione delle dichiarazioni della ricorrente e dell'accusatrice privata, nonché di quelle degli agenti di polizia, hanno resistito alle critiche di arbitrio e la CARP poteva su questa sola base accertare i fatti.
4.4. Alla luce di quanto appena esposto, è senza incorrere nell'arbitrio che l'autorità cantonale ha ritenuto credibile la versione dell'accusatrice privata e ha accertato, senza con ciò violare il principio in dubio pro reo, che la ricorrente ha proferito nei confronti dell'accusatrice privata gli epiteti "squallida" e "puttana".
5.
L'insorgente non contesta che gli epiteti "squallida" e "puttana" proferiti nei confronti dell'accusatrice privata adempiano gli elementi costitutivi del reato di ingiuria giusta l'art. 177 cpv. 1 CP. Ritiene tuttavia che dovrebbe essere mandata esente da pena in virtù dell'art. 177 cpv. 2 rispettivamente cpv. 3 CP.
5.1. Giusta l'art. 177 cpv. 2 CP, se l'ingiuria è stata provocata direttamente dall'ingiuriato con un contegno sconveniente, il giudice può mandare esente da pena il colpevole.
Per invalsa giurisprudenza questa norma si applica se l'ingiuria costituisce una reazione immediata a un comportamento sconveniente che ha suscitato nell'autore del reato un sentimento di rivolta. Può trattarsi di una provocazione o di un altro comportamento biasimevole. Quest'ultimo non deve necessariamente prendere di mira l'autore dell'ingiuria (DTF 117 IV 270 consid. 2c). L'immediatezza della reazione dev'essere intesa nella sua accezione temporale: l'autore deve aver agito sotto l'influsso dell'emozione provocata dal contegno sconveniente dell'ingiuriato senza aver avuto il tempo di riflettere tranquillamente (DTF 83 IV 151 recentemente ribadita dalla sentenza 6B_375/2023 del 2 ottobre 2023 consid. 3.2).
L'art. 177 cpv. 2 CP costituisce un motivo facoltativo di esenzione dalla pena (DTF 109 IV 39 consid. 4b). Il giudice ha la facoltà, ma non l'obbligo, di mandar esente da pena il colpevole; può anche limitarsi ad attenuare la pena. In quest'ambito, egli dispone quindi di un vasto margine di apprezzamento e il Tribunale federale interviene unicamente in caso di abuso (sentenza 6S.634/2001 del 20 dicembre 2001 consid. 3).
5.1.1. Secondo la ricorrente, la CARP avrebbe adottato un'interpretazione dell'art. 177 cpv. 2 CP eccessivamente restrittiva e contraria alla dottrina e alla giurisprudenza. Sostiene che, tenuto conto della pluriennale condotta persecutoria, la "spedizione guastafeste" costituirebbe un "contegno sconveniente" che avrebbe provocato l'ingiuria imputata. L'autorità cantonale ammetterebbe del resto che quella dell'insorgente sarebbe stata una "reazione". Tale reazione sarebbe stata temporalmente immediata al comportamento sconveniente, biasimevole e grossolano dell'accusatrice privata, il cui stato di alterazione sarebbe stato attestato anche dagli agenti di polizia.
5.1.2. Nel motivare la sua censura, la ricorrente si scosta dai fatti accertati senza arbitrio dalla CARP, in particolare laddove pretende che l'accusatrice privata avrebbe compiuto una "spedizione guastafeste". È stato infatti accertato che quest'ultima si è presentata a casa del suo ex compagno per dirimere alcuni problemi relativi all'affidamento della figlia (v. supra consid. 4.1), e non si ravvedono ragioni per qualificare tale comportamento come sconveniente. L'insorgente si avvale di una "storia pluriennale di dissidio vivissimo" che avrebbe preceduto le ingiurie proferite. Trattasi tuttavia di un'asserzione che non solo non trova fondamento negli accertamenti di fatto della sentenza impugnata, ma che contrasta anche con quanto esposto nel gravame. La stessa ricorrente fa risalire i contrasti a un sms a lei inviato dall'accusatrice privata il 12 novembre 2016, ossia appena più di un mese prima dall'episodio qui in giudizio. Sicché, già sulla scorta di quanto da lei sostenuto, non è possibile seguirla laddove si avvale di "una persecuzione condotta pervicacemente e costantemente da anni" da parte dell'accusatrice privata, che costituirebbe un contegno sconveniente all'origine delle ingiurie. Ma v'è di più. Nella querela penale che l'insorgente ha sporto in Italia, allegata al rapporto di inchiesta di polizia giudiziaria e di cui lamenta la mancata presa in considerazione da parte della CARP, ella stessa riconduce l'inizio del preteso comportamento persecutorio e vendicativo dell'accusatrice privata a dopo i fatti qui in giudizio (incarto cantonale, all. 5). Quand'anche per ipotesi dato, tale preteso comportamento, essendo posteriore alle ingiurie, non può averle provocate. Quanto allo stato di agitazione dell'accusatrice privata riferito dagli agenti di polizia, la CARP ha considerato che non giustificava in alcun modo le ingiurie proferite, posto come essi siano sopraggiunti in un secondo momento e quindi posteriormente alle stesse. La Corte cantonale ha quindi concluso che l'ipotizzato comportamento sconveniente dell'accusatrice privata non può in ogni caso aver provocato la reazione illecita dell'imputata. Questa conclusione è conforme al diritto e alla giurisprudenza. Contrariamente a quanto preteso nell'impugnativa, la CARP non è incorsa in alcuna contraddizione. Se è vero che, al momento di commisurare la pena, essa ha indicato che la ricorrente risponde "per la reazione di un attimo", ciò non significa che riconosca le ingiurie come una risposta all'azione o al comportamento dell'accusatrice privata. L'insorgente si aggrappa al senso letterale del termine "reazione", laddove chiaramente nel contesto in cui è stato impiegato esso assume una portata diversa e va evidentemente inteso quale "scatto".
Nella fattispecie non sono pertanto date le condizioni dell'art. 177 cpv. 2 CP, sicché il rifiuto della CARP di applicare tale norma risulta conforme al diritto.
5.2. In base all'art. 177 cpv. 3 CP, se all'ingiuria si è immediatamente risposto con ingiuria o con vie di fatto, il giudice può mandar esenti da pena le parti o una di esse.
Questa disposizione, analogamente all'art. 177 cpv. 2 CP (v. supra consid. 5.1), costituisce un motivo facoltativo di esenzione dalla pena (DTF 109 IV 39 consid. 4b) e non assicura dunque automaticamente un'esenzione dalla pena, quand'anche i relativi presupposti siano realizzati, ma attribuisce al giudice un vasto margine di apprezzamento (v. sentenza 6B_808/2022 dell'8 maggio 2023 consid. 6.1 con rinvii).
5.2.1. A mente dell'insorgente, il comportamento dell'accusatrice privata durante tutto il diverbio all'interno dell'appartamento dovrebbe essere considerato come una "immediata risposta" ai sensi dell'art. 177 cpv. 3 CP. Infatti, tutte le persone interrogate sarebbero unanimi nel riferire una rissa verbale con scambio reciproco di epiteti. Essendosi svolto non in un luogo pubblico, bensì in privato, non sussisterebbe alcun interesse pubblico a una sanzione.
5.2.2. Ricordato il vasto margine di apprezzamento lasciato al giudice di merito, la ricorrente non spiega minimamente le ragioni per cui la mancata applicazione dell'art. 177 cpv. 3 CP da parte della CARP assurgerebbe addirittura a un abuso che giustificherebbe l'intervento di questo Tribunale. Ciò posto, è incontestato che l'accusatrice privata non abbia commesso alcuna via di fatto. L'insorgente pretende tuttavia che vi sia stato uno scambio reciproco di epiteti. Quali epiteti abbia eventualmente proferito l'accusatrice privata non è dato di capire né è illustrato nel ricorso. Gli agenti di polizia intervenuti sul posto, le cui dichiarazioni sono riportate nell'impugnativa, hanno unicamente riferito di uno stato di alterazione e di agitazione dell'accusatrice privata e di qualche parola volata. Nulla di più. Sicché non è affatto stabilito che tali parole avessero carattere ingiurioso e possano pertanto essere considerate alla stregua di una ritorsione giusta l'art. 177 cpv. 3 CP. La ricorrente si prevale anche delle dichiarazioni dell'accusatrice privata, citate nella sentenza impugnata, in cui riconosce di essersi rivolta all'ex compagno, e alla figlia lì presente, dicendo che quest'ultima non poteva stare con l'insorgente che "abbaia". Può rimanere indeciso se ciò configuri un'ingiuria di ritorsione, considerato che il termine abbaiare non designa unicamente il verso del cane, ma nel suo senso figurato significa anche gridare con rabbia, rispettivamente urlare. Infatti, anche volendo ammettere che ciò sia il caso, l'esenzione dalla pena prevista dall'art. 177 cpv. 3 CP non è obbligatoria, ma solo facoltativa. Non va dimenticato che, secondo i fatti accertati, l'insorgente ha trattato l'accusatrice privata di "squallida" e "puttana" dinanzi alla figlia minorenne di quest'ultima, peraltro proprio nel periodo che nell'impugnativa definisce ella stessa "della Pace, della Serenità, della Fratellanza". La mancata esenzione dalla pena non assurge pertanto a violazione dell'art. 177 cpv. 3 CP.
6.
Con riferimento alla commisurazione della pena la ricorrente censura la violazione dell'art. 48 CP. Benché abbia riconosciuto l'attenuante del lungo tempo trascorso dai fatti, la CARP non avrebbe applicato quelle del grave stato di angustia, della condotta della vittima che l'avrebbe seriamente indotta in tentazione, nonché della violenta commozione dell'animo scusabile per le circostanze. Queste attenuanti avrebbero giustificato di contenere la pena al minimo possibile, a un livello solo simbolico.
Su questo punto, il ricorso si rileva inammissibile per difetto di motivazione (art. 42 cpv. 2 CP). L'insorgente infatti si limita a elencare una serie di attenuanti come se postulasse dinanzi a un'autorità di appello, senza spiegare perché la loro mancata presa in considerazione da parte della CARP violerebbe il diritto e senza nemmeno esporre perché a suo avviso esse sarebbero date nella fattispecie. Peraltro, nulla nei fatti accertati permette anche solo di ipotizzare uno stato di grave angustia ai sensi dell'art. 48 lett. a n. 2 CP (al riguardo v. DTF 149 IV 217 consid. 1.4.1 con rinvii). Lo stesso dicasi per l'invocata violenta commozione dell'animo giusta l'art. 48 lett. c CP (in proposito v. DTF 147 IV 249 consid. 2.2). Non va diversamente per l'attenuante di cui all'art. 48 lett. b CP.
7.
Ne segue che, nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è infondato e dev'essere respinto.
Le spese giudiziarie e le ripetibili sono poste a carico della ricorrente, secondo soccombenza (art. 66 cpv. 1 e 68 cpv. 1 e 3 LTF).
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:
1.
La procedura innanzi al Tribunale federale è ripresa.
2.
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto.
3.
Le spese giudiziarie di fr. 3'000.-- sono poste a carico della ricorrente.
4.
La ricorrente verserà all'opponente la somma di fr. 3'000.-- a titolo di ripetibili per la procedura innanzi al Tribunale federale.
5.
Comunicazione ai patrocinatori delle parti, al Ministero pubblico e alla Corte di appello e di revisione penale del Cantone Ticino.
Losanna, 17 marzo 2025
In nome della I Corte di diritto penale
del Tribunale federale svizzero
Il Giudice presidente: Muschietti
La Cancelliera: Ortolano Ribordy